La leucemia linfatica cronica è nella maggior parte dei casi una malattia neoplastica dei linfociti B, le cellule che hanno la funzione di produrre immunoglobuline. Raramente, almeno nei paesi occidentali, essa origina dai linfociti T, cellule del sangue che hanno la funzione principale di difendere l’organismo contro virus, tumori e di rigettare i trapianti incompatibili.
È definita cronica perché ha quasi sempre un decorso molto lento, spesso senza sintomi o con pochi disturbi per il paziente, che può continuare a svolgere una vita normale per molti anni, senza terapia antileucemica.
Anche se non si conoscono le cause della leucemia linfatica cronica,
numerosi
progressi sono stati compiuti negli ultimi anni nella comprensione
dei
meccanismi che vengono alterati nelle cellule tumorali.
La
trasformazione
neoplastica avviene all’inizio in una sola cellula, nel nostro caso
un
linfocita B, in seguito all’azione di uno o più fattori, per ora
sconosciuti,
che alterano il suo DNA e gli conferiscono la proprietà di dividersi
e di vivere
molto più a lungo rispetto ad un linfocita normale. In termini
tecnici si dice
che i linfociti in questa malattia hanno perso la capacità di andare
incontro ad
apoptosi o morte cellulare programmata . I linfociti quindi vivono più a lungo del normale e,
dividendosi,
danno origine ad un maggior numero di cellule che tendono ad
accumularsi nel
sangue periferico e negli altri organi, spiegandosi così il lento ma
progressivo
aumento nel corso degli anni dei globuli bianchi e dei linfociti in
particolare.
A differenza della leucemia linfoblastica acuta , nella leucemia
linfatica
cronica la trasformazione neoplastica avviene in un linfocita maturo.
I linfociti neoplastici tendono ad invadere il sangue e gli altri
organi,
soprattutto il midollo emopoietico , la milza , il fegato, i
linfonodi . Con il
passare del tempo si potranno avere epatomegalia , splenomegalia ,
linfoadenomegalia . Se i linfociti aumentano in modo significativo
nel midollo,
essi disturbano la produzione di altri tipi di cellule, con possibile
comparsa
di anemia e piastrinopenia.
A volte i linfociti tumorali perdono la
capacità di
produrre immunoglobuline normali, provocando una predisposizione alle
infezioni
ripetute, conseguenza della mancanza di anticorpi.
Molto spesso al momento della diagnosi i pazienti non avvertono
alcun disturbo
dovuto alla leucemia o hanno sintomi causati da altre malattie. La
leucemia
linfatica cronica viene infatti sempre più spesso scoperta
casualmente, in
seguito all’effettuazione di un emocromo per accertamenti o controlli
per altre
malattie.
A volte i pazienti possono presentare:
L’esame fondamentale è rappresentato dall’ emocromo con formula leucocitaria . Nella maggioranza dei casi essi mostreranno una leucocitosi con linfocitosi. Queste alterazioni si possono avere anche a causa di una banale infezione, ma la semplice osservazione del preparato al microscopio può dimostrare alcune anomalie caratteristiche della leucemia linfatica cronica.
Se il sospetto rimane, eventualmente dopo un adeguato periodo di osservazione, altri esami si rendono necessari:I medici, dopo aver valutato la storia e la visita del paziente, i
risultati
degli esami di laboratorio e/o radiologici, effettuano la stadiazione
per
stabilire la diffusione della malattia nel corpo, cioè lo stadio o
fase di
malattia che può essere più o meno avanzata.
Esistono molti sistemi di stadiazione della leucemia linfatica
cronica. I
criteri più importanti prevedono la presenza di epatomegalia,
splenomegalia,
numero di linfonodi ingrossati, anemia, piastrinopenia, oltre alla
linfocitosi.
In breve, gli stadi più precoci sono caratterizzati dalla linfocitosi
ed,
eventualmente, presenza di linfoadenomegalia; negli stadi più
avanzati c’è
anemia e/o piastrinopenia.
Uno stadio più elevato indica una maggiore massa tumorale ed una
maggiore
diffusione della leucemia nel corpo. Numerosi studi hanno dimostrato
che i
pazienti con stadio più avanzato hanno una sopravvivenza media minore
rispetto a
quelli con stadio meno avanzato. Questa non è tuttavia una regola
generale,
poiché anche pazienti in stadio terzo o quarto possono vivere molti
anni in
condizioni soddisfacenti, e la prognosi nel singolo caso è spesso
difficile da
stabilire al momento della diagnosi.
La stadiazione è inoltre
importante perché
serve da guida alla terapia. I paziente in stadio 0-I (o A secondo
il sistema
di stadiazione utilizzato) non vengono quasi mai trattati con farmaci
al momento
della diagnosi.
Il cardine della terapia della leucemia linfatica cronica rimane la
chemioterapia . Questa può essere somministrata per os o per via
endovenosa.
Un punto importante da sottolineare è che non tutti i pazienti
necessitano della
terapia antileucemica al momento della diagnosi. Poiché non esiste,
almeno per
il momento, una terapia efficace nel debellare completamente e
sicuramente la
leucemia linfatica cronica, spesso è conveniente per il paziente
rinviare la
chemioterapia al momento della comparsa di complicanze o di aumento
della massa
tumorale, in modo da risparmiargli i possibili effetti collaterali
della
chemioterapia.
In pratica la terapia è riservata ai pochi casi che presentano ( al
momento
della diagnosi o nel corso del follow-up) anemia e/o piastrinopenia
grave e non
dovuta ad altre cause, grossi linfonodi o notevole ingrossamento
della milza o
del fegato. Gli altri pazienti vengono seguiti con visita ed esami
periodici, in
modo da diagnosticare precocemente le eventuali complicanze o la
progressione
della malattia.
Generalmente viene utilizzato il clorambucile con o senza cortisonici. Questi farmaci vengono somministrati per os ciclicamente, cioè per alcuni giorni ad intervalli di alcune settimane fra un ciclo e l’altro. A volte si usano terapie un po’ più complesse che prevedono l’associazione di vari farmaci per via endovenosa sempre a cicli intervallati da periodi di riposo, ma non è sicuro che esse siano di maggior beneficio rispetto alla terapia per os.
Il trapianto di midollo allogenico può essere un’alternativa valida per alcuni
dei rari
pazienti giovani. Nuovi farmaci sono in corso di sperimentazione e si
sono
dimostrati capaci di dare una remissione completa in molti casi: essi
sono di
solito riservati ai pazienti che non hanno risposto o non rispondono
ai farmaci
più comunemente usati.
Fra questi molto usata è la
fludarabina che, combinata con la ciclofosfamide è divenuta in pratica la terapia di scelta.Buoni risultati si sono ttenuti anche con l'autotrapianto che si avvia ad uscire dalla fase sperimentale e può essere proposto anche a soggetti no più giovanissimi.
In pratica nessuna. Infatti, la leucemia linfatica cronica può essere anche classificata come un linfoma a basso grado di malignità che tende ad invadere il sangue periferico fin dalle prime fasi della malattia. Nei linfomi (molti dei quali originano dai linfociti B), la malattia interessa principalmente i linfonodi, la milza ed altri organi, mentre il numero di linfociti nel sangue è normale. Tuttavia, con metodiche di laboratorio sofisticate, è possibile dimostrare nel sangue la presenza di cellule neoplastiche anche in molti casi di linfoma. Le somiglianze fra i due tipi di malattia sono dimostrate anche dalla possibile evoluzione della leucemia linfatica cronica in linfoma vero e proprio.
ULTIMO AGGIORNAMENTO: giovedì 3 giugno 2004
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