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La terapia delle immunodeficienze primitive

La principale conseguenza clinica dell'immunodeficienza è rappresentata dall' aumentata frequenza e gravità delle infezioni. La migliore conoscenza della fisiopatologia molecolare di molte di queste malattie, il migliore uso di alcune terapie mediche ed il trapianto di midollo hanno fornito un drammatico miglioramento nell'aspettativa e nella qualità di vita per i pazienti con immunodeficienza e immunosoppressione.

Le immunodeficienze primitive rappresentano un fertile campo per la terapia genica che ha già consentito la definitiva correzione del difetto molecolare in alcuni pazienti.

Prevenzione

Se la mutazione è ereditaria è possibile la consulenza genetica in caso di gravidanze future. Questa informazione permette ai genitori di abortire in caso il difetto sia stato accertato oppure ci sia un rischio elevato di avere un feto con tale difetto. Per quelli che scelgono di non abortire, le analisi in utero permettono la preparazione per il trapianto di midollo nel periodo neonatale, o persino in utero, se possibile.

La tipizzazione HLA dovrebbe essere effettuata non appena la diagnosi di immunodeficienza combinata grave o di un altra deficienza combinata potenzialmente correggibile con il trapianto di midollo sia stata effettuata. I rischi del trapianto di midollo sono ridotti in pazienti che non hanno ancora sviluppato complicanze infettive tipiche della immunodeficienza.

Uno degli aspetti più importanti della terapia medica è di permettere il più possibile l'integrazione nella società dei pazienti. Bambini e adulti con forme lievi di immunodeficienza dovrebbero essere incoraggiati a partecipare alle loro solite attività. Se possibile, comunque, è prudente ridurre la loro esposizione a altre persone con malattie infettive potenzialmente contagiose. Sebbene la frequenza della scuola debba essere sempre incoraggiata, alcuni dubbi posso insorgere in caso di frequenza da parte di bambini e adulti di scuole o istituzioni di grosse dimensioni, nelle quali è oramai chiaramente dimostrato c'è un significativo incremento del tasso di malattie infettive. Simili considerazioni si applicano anche agli adulti ospitati in ambienti istituzionali (case di riposo, ospizi ecc.).

Il cardine della terapia delle immunodificienze è rappresentato dalle immunoglobuline umane. Queste furono somministrate per la prima volta nel 1952 per via sottocutanea da Bruton, ad un un bambino di otto anni con agammaglobulinemia legata al sesso che visse fino ai 40 anni, quando morì di polmonite.

L'introduzione delle immunoglobuline umane nella terapia sono il frutto della ricerca medica militare che, in previsione dell'ingresso degli USA nella seconda guerra mondiale, ebbe l'incarico di trovare un sostituto ematico (l'albumina) facilmente trasportabile e somministrabile ai soldati feriti (1).

Le gammaglobuline usate in terapia , ed altri derivati del siero, sono ottenute appunto per separazione delle varie componenti sieriche (vedere anche Il sangue).

Ben presto fu introdotta la somministrazione per via endovenosa, meno dolorosa delle altre vie.

Sono disponibili sul mercato diversi prodotti di immunoglobuline preparati spesso con metodiche diverse, ma ottenuti mescolando il siero proveniente da migliaia di donatori per produrre un singolo lotto di immunoglobuline.

La preparazione contiene anticorpi contro diversi organismi infettivi virali e batterici diffusi in natura e contro i microrganismi con quali i donatori sono stati eventualmente immunizzati. Per ridurre ulteriormente il rischio di trasmissione di patogeni i sieri sono sottoposti a pastorizzazione o altri procedimenti simili. La formulazione finale dei vari prodotti di immunoglobuline è diversa, sebbene tutti possono essere considerati equivalenti dal punto di vista terapeutico. In generale, nei pazienti con ipogammaglobulinemia la concentrazione delle immunoglobuline sieriche dovrebbe essere mantenuta sopra i 500 mg/decilitro (5 grammi/litro) (3).

La dose terapeutica ottimale deve quindi essere determinata in ogni paziente (2). Alcuni individui, infatti, sembrano consumare le immunoglobuline più rapidamente di altri. La maggioranza dei pazienti va bene con una dose di 300 mg/kg di peso ogni tre settimane, oppure 400 mg/kg ogni quattro settimane.

Il trapianto di midollo osseo è attualmente l'unica possibilità di guarigione definitiva per molte delle immunodeficienze primitive. La terapia genica è ancora agli albori

Efficacia

Tutti gli studi controllati sulla terapia con immunoglobuline endovena delle immunodeficienze hanno dimostrato in modo inequivocabile i benefici clinici (2). Questi comprendono una diminuita incidenza delle infezioni batteriche delle vie aeree superiori e inferiori, una riduzione dell'uso di antibiotici, una riduzione del numero di ricoveri ospedalieri, una migliorata funzione polmonare, una migliorata crescita e qualità di vita.

Effetti collaterali

Circa il 15% dei pazienti presentano alcuni effetti collaterali dopo infusione di immunoglobuline. La frequenza degli effetti collaterali cambia con ogni preparazione. Alcuni pazienti tollerano tutti i prodotti molto bene, alcuni ne tollerano soltanto uno o pochi, altri hanno effetti collaterali con tutte le preparazioni.
Gli effetti più frequenti sono aspecifici come arrossamento del viso, dolore lombare, nausea, brividi, senso di costrizione al torace. Questi sintomi possono dipendere dalla velocità di infusione, e possono sparire se la velocità di infusione è ridotta.

La dose iniziale può essere somministrata ad una velocità molto bassa (30 ml/ora negli adulti e 10-15 millilitri/ora nei bambini). Negli adulti spesso si inizia a 40 ml/ora per aumentare poi la velocità a seconda della tolleranza di 10-20 ml/ora ogni 20-30 minuti.

Fra le più importanti complicanze potenziali della somministrazione di immunoglobuline sono la meningite asettica e l'anafilassi in pazienti con deficit di IgA.

Immunoglobuline speciali

Sieri di donatori con elevati titoli di anticorpi diretti contro particolari organismi infettivi possono essere preparati da un lotto di donatori con attività anticorpale standard contro il patogeno in questione. Nel trattamento delle immunodeficienza solitamente si usano soltanto le globuline immuni anti citomegalovirus oppure la globulina immune anti varicella-zoster.

Altri prodotti possono essere preparati per la prevenzione di infezione specifiche in seguito ad esposizione ad alto rischio. Queste includono le globuline immuni contro il tetano, contro l'epatite B e contro la rabbia.

Vaccinazioni

Uno dei problemi più discussi è se il paziente immunocompromesso riesca produrre una risposta anticorpale sufficiente e tale da giustificare la somministrazione dei vaccini.
Comunque, visto che tutti i vaccini con microrganismi uccisi o loro sotto componenti non hanno rischi particolari rispetto agli individui immunocompetenti, l'immunizzazione di routine dovrebbe essere effettuata per non negare a questi pazienti i benefici della vaccinazione.
Inoltre i pazienti noti per essere a rischio di un particolare agente effettivo dovrebbero essere immunizzati quando possibile. La sicurezza dei vaccini vivi varia con il grado di immunodeficienza.
I vaccini vivi non dovrebbero essere somministrati a pazienti con immunodeficienza severa umorale o combinata.

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Riferimenti bibliografici

1. Berger, M. 2002. A history of immune globulin therapy, from the Harvard crash program to monoclonal antibodies. Curr Allergy Asthma Rep 2:368-78.
2. Rosen, F. S. 2001. Immunodeficiency diseases, p. 977-983. In E. Beutler, B. Coller, M. Lichtman, T. Kipps, and U. Seligsohn (ed.), Williams Hematology, Sixth ed. McGraw-Hill, New York.
3. Stiehm, E. R. 1997. Human intravenous immunoglobulin in primary and secondary antibody deficiencies. Pediatr Infect Dis J 16:696-707.


ULTIMO AGGIORNAMENTO: venerdì 24 settembre 2004

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