Lungo dossier sulla Colombia
In soli 60 giorni, il presidente colombiano Alvaro Uribe Velez, fa tornare
indietro di 10 anni la nazione andina. Viene reintrodotta la facoltà al
presidente, di dichiarare lo "stato d'assedio", facoltà eliminata dalla
costituzione nel 1991. Non solo. Dopo aver dichiarato lo "stato d'emergenza"
l'11 agosto, istituisce ogni lunedì come giorno di paga ufficiale agli
informatori che mantengono l'identità celata. Non solo. Impone una tassa
speciale di guerra pari all'1,2%:"Se i colombiani vogliono maggior sicurezza,
che la paghino". Non solo. Ha attivato una rete di 150.000 civili armati che
pattuglieranno le principali vie di comunicazione del Paese in incognito. Non
solo. L'11 settembre Uribe, emana il "Decreto 2002", che permette la creazione
di intere provincie sotto il comando dell'esercito, l'intercettazione di tutte
le comunicazioni, l'arresto preventivo senza autorizzazione giudiziaria, lo
sfollamento di interi paesi e l'espulsione di stranieri. Non solo. Il presidente
Uribe si prepara a firmare un trattato bilaterale che garantisca agli USA
l'immunità dei suoi soldati distaccati in Colombia, in cambio dell'ultimo
finanziamento di 42 milioni di dollari.
Non solo.
I media ufficiali non
se ne sono accorti, o forse hanno lo sguardo troppo impegnato altrove.
:: Speciale Colombia ::
La mano militare nel buio
dell'informazione
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Decreto 2002:
il golpe
invisibile
Di Martin E. Iglesias- 22/09/2002
Le repentine
decisioni del governo di Bogotà, in tema di politica di sicurezza attraverso la
promulgazione del "Decreto 2002" , possono confondere solo il lettore di notizie
più distratto. E purtroppo le notizie dall’area andina, non riescono ad
approdare ai nostri mezzi di comunicazione. Ma la svolta autoritaria e militare
colombiana non può essere confusa con la richiesta interna di maggior sicurezza
o con la guerra internazionale al terrorismo. La Colombia sprofonda sempre di
più nello stato di "guerra civile" con l’avvallo degli Stati Uniti.
Il
Governo colombiano ha decretato, il 10 settembre, la detenzione, di eventuali
sospettati, senza l'autorizzazione giudiziaria, l'intercetazione delle
comunicazioni e la creazione di zone speciali sotto l'autorità militare, tutto
questo all'interno dello "stato di emergenza" dichiarato lo scorso 11 agosto.
In un comunicato, l'esecutivo del Presidente Alvaro Uribe, intende dare al
Governo la possibilità di "snellire i procedimenti stabiliti per la cattura di
persone", sulle quali esistano "seri indizzi nell'aver commesso delitti o essere
pronti a commetterli".
L'entrata in vigore del "Decreto 2002" consente
l'intercettazione e la registrazione, con qualsiasi mezzo tecnologico, delle
comunicazioni. Altresì impone ad ogni cittadino straniero di comparire davanti
alle autorità colombiane quando gli sia richiesto, pena l'espulsione dalla
nazione.
E queste sono solo alcune delle limitazioni, imposte per decreto,
alle libertà costituzionali.
Governo militare
Il Presidente,
prosegue il comunicato, potrà creare "Zone Speciali di Riabilitazione e
Consolidamento"; queste zone sono aree geografiche "compromesse da azioni di
gruppi criminali" nelle quali il Governo potrà applicare misure eccezionali "per
garantire la protezione della popolazione civile e la stabilità costituzionale".
Queste aree saranno stabilite dal Presidente che designerà un comandante
militare perchè assuma il controllo della Forza Pubblica in quelle zone. In
quelle zone si potranno regolamentare i diritti di mobilità e di residenza
secondo dei permessi speciali che verrano concessi dalle autorità. Le stesse
autorità potranno, con due giorni di preavviso, attuare degli sfollamenti
forzati di espulsione da queste zone. Il comandante militare potrà anche
procedere alla detenzione per 24 ore di persone senza regolare documento di
identificazione, sospendere salvacondotti, ordinare la perquisizione di tutta la
merce trasportata per via terrestre, fluviale o aerea.
Le promesse del
presidente Uribe di utilizzare la mano forte contro le guerriglie in Colombia,
non sono solo mantenute ma anche abbondantemente superate, in queste che
rischiano essere solo le anticipazioni di uno stato di emergenza continuo. Dopo
solo un solo mese di mandato presidenziale Alvaro Uribe stabilisce per decreto
il colpo di stato, esautorando i suoi ministri, il parlamento, gli
amministratori locali e la Costituzione. E questi nuovi sforzi militari sono
premiati, o sarebbe meglio dire finanziati, in anticipo e sulla fiducia dal
grande alleato nordamericano. Infatti il governo del Presidente George W. Bush
ha autorizzato, il giorno prima, il versamento di 42 milioni di dollari di aiuti
alla Colombia, bloccati ad aprile dal Congresso USA in attesa della verifica del
rispetto dei diritti umani da parte delle Forze Armate colombiane. I 42 milioni
di dollari sono la seconda e ultima tranche di 102 milioni di dollari previsti
per l'anno 2002 in appoggio alla lotta al "narco-traffico" e, novità USA, alle
guerriglie, abbattendo così un tabù del Congresso, nel finanziamento diretto di
una guerra.
L'assegno in bianco sui diritti umani
Il
Dipartimento di Stato statunitense, nella persona del sottosegretario di Stato
Richard Armitage ha certificato che "le Forze Armate colombiane stanno
rispettando i criteri riguardanti i diritti umani", e stanno cooperando con le
autorità civili per denunciare violazioni, legami con gruppi paramilitari e
tutto ciò nel rispetto delle norme costituzionali. Ma le norme cambiano
esattamente il giorno dopo i finanziamenti, e per non personalizzare troppo la
svolta militare, lo stesso giorno dei nuovi Decreti, il Presidente colombiano è
in viaggio ufficiale a New York, dove assisterà alle commemorazioni del tragico
11 settembre statunitense.
Venerdì 13 settembre il Presidente colombiano
farà la sua prima apparizione davanti alla 57° Assemblea Generale delle Nazioni
Unite, dove potrà spiegare alla comunità internazionale la sua "politica di
sicurezza" e chiederà in un voto la partecipazione dell'organismo a un tavolo di
pace sia con le guerriglie che con i paramilitari. Il carattere di emergenza
instaurato con gli attuali decreti, lascia immaginare una prova di forza e
d'urgenza che richiederà rimedi efficaci all'Assemblea.
Solo una
settimana fa l'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Mary
Robinson, aveva fatte proprie le preoccupazioni già espresse da Amnesty
International, l'indomani dell'applicazione dello "stato d'emergenza". Il
Commissario ONU, alla fine del suo mandato, ha espresso il timore che la
politica di sicurezza di Uribe sia incompatibile con le norme del diritto
internazionale e possa far aumentare l'esercizio del paramilitarismo,
coinvolgendo così maggiormente i civili nel conflitto armato. Infatti tra le
novità introdotte pochi giorni fa, il Governo colombiano ha attivato una rete di
150.000 civili armati che pattuglieranno le principali vie di comunicazione del
Paese; ha istituito ricompense in denaro, ogni lunedì, per i delatori. I
cooperanti con l'esercito, saranno coperti da anonimato e stipendiati dalle
casse dello Stato. Gli organismi di difesa dei diritti umani denunciano
l'iniziativa come una riproposta delle famose "Cooperativas Convivir" ideate
dallo stesso Uribe quando era Governatore della regione di Antioquia, tra il
1995 e il '97, quando queste pattuglie di civili armati sfociarono in violenze
contro la popolazione e nel paramilitarismo. E i timori aumentano quando il
Governo colombiano, sempre pochi giorni fa, dichiara di voler aderire alla
Convenzione di Roma, per la creazione del Tribunale Penale Internazionale (TPI),
ma chiedendo una speciale proroga di sette anni, per la sua applicazione alla
Colombia.
Proposte indecenti
La travolgente politica di Alvaro
Uribe, sicuramente non coglie di sorpresa gli Stati Uniti. Il 25 settembre il
Presidente andino ha in agenda un incontro a Washington con G. W. Bush per
trattare una serie di accordi bilaterali per la lotta al narco-traffico, per il
commercio e per rispondere alla richiesta della Casa Bianca di garantire,
davanti al TPI, l'immunità dei soldati statunitensi distaccati in Colombia.
Attualmente centinaia di militari nordamericani partecipano al conflitto
colombiano in qualità di osservatori e di intelligence, sia a difesa di
interessi USA, come ad esempio l'oleodotto petrolifero di Caño Limon, sia nelle
operazioni di "fumigazione" - cioé irrorazione tramite arei di diserbanti della
Monsanto - sulle zone agricole coltivate a coca e papavero. Queste operazioni
sono ricominciate i primi giorni di settembre su vaste aree della Colombia dopo
una pausa, per verificarne la tossicità dei prodotti e il loro impatto
ambientale sulla popolazione e sugli allevamenti, richiesta dal Congresso. Una
richiesta che è stata facilmente evasa come sono state evase le denunce e i
documenti di organizzazioni, approdati al Congresso stesso.
L'asse
militare-economico che lega gli USA alla Colombia, consolida le sue basi l'11
settembre 2002, nello sprezzo dei diritti umani, delle convenzioni
internazionali e delle democrazie, e dimostrando per l'ennesima volta, la
distanza che intercorre tra i grandi discorsi all'umanità e l'umanità che li
subisce. Una data da commemorare, insomma, pare non si voglia negare a nessuno,
neanche ai colombiani.
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A un mese dall'insediamento
il nuovo Presidente ha dichiarato in Colombia lo "Stato di emergenza".
In 6 punti l'urgenza di Uribe
del "pugno duro"
Di Martina
Vultaggio
Colombia, 18 agosto 2002
"Sarà possibile arrivare ad
una negoziazione con le FARC solo se si attua efficacemente contro il loro
potere militare". Queste le dichiarazioni del presidente Uribe, che vuole
spostare la politica di difesa attuata fino al 7 di agosto dal governo
colombiano, ad una politica di attacco. Questa nuova fase del conflitto iniza
con la dichiarazione di Stato di emergenza, e prevede una nuova formula di
confronto diretto e offensiva contro guerriglieri e paramilitari. Il pacchetto
di misure organizzate da Uribe include uno Statuto Antiterrorita, pene più
pesanti, nuove strategie antisequestro, e offensiva diretta contro il
narcotraffico. Vediamo di seguito i 6 fronti di battaglia nei quali è impegnato
il neo-presidente:
1)ECONOMIA DI GUERRA
Il governo vuole fare capire
ai colombiani che in tempo di guerra bisogna tirare la cinghia; questo
attraverso la creazione di un'imposta straordinaria dell'1,2%, l'eliminazione
del sussidio per la benzina e la fusione di 4 entità agricole; in particolare si
chiede, anche se tra le righe, che l'aiuto economico arrivi soprattutto da parte
delle imprese. Tale denaro sarà utilizzato per finanziare esercito e polizia,
che riceveranno in un anno più di quanto destinato nello stesso tempo a tutti i
progetti d'inversione del paese. Questo finanziamento spicca soprattutto perchè
viene da privati, e non si tratta più di un prestito come erano invece i "bonos
de paz". Se i colombiani vogliono maggior sicurezza, devono pagare per
ottenerla. Il pronostico quindi rispetto all'economia non è ancora drammatico,
ma la situazione non sarà facile..verrà a crearsi una nuova Argentina?!
2)RAFFORZAMENTO MILITARE
Il primo obiettivo delle forze armate è
invertire la tendenza degli ultimi quattro anni, durante i quali si reagì in
maniera insignificante rispetto ai 3000 attacchi guerriglieri e paramilitari. "
L'obiettivo è ora la prevenzione di tali attacchi", dichiara il nuovo comandante
delle forze militari, Jorge Enrique Mora. Per ottenere ciò, Uribe ha deciso di
rinforzare nell'immediato le forze armate, questo soprattutto attraverso il
denaro ricevuto con la dichiarazione dello Stato di emergenza. Nel primo
semestre del 2003 entreranno in funzione due nuove brigate mobili, e 30000 nuovi
militari di professione. Si aspira inoltre ad ottenere un secondo "Aereo
fantasma". Altro cambio è previsto anche nella parte di Intelligence, dove le
due maggiori proposte sono "la rete di informatori civili" e il pagamento di una
ricompensa per la consegna di guerriglieri o paramilitari. L'interesse in questo
senso è rivolto soprattutto al colpire il Blocco Orientale, colonna portante
delle FARC. Su questa linea, entreranno in funzione dieci gruppi antiterrorismo
urbano nelle città di Medellìn, Cali, Bucaramanga, Aranca, Valledupar, Cùcuta,
Cartagena, Villavivencio, Popayàn e Barrancabermeja.
3)ARTIGLIERIA
GIURIDICA
Gli sviluppi dellla dichiarazione di Stato di Emergenza consistono
in leggi eccezzionali e transitorie che diano facoltà alle forze militari di
poter effettuare arresti preventivi, ecc.. Insieme a ciò, il nuovo governo sta
preparando una batteria di leggi e decreti che diano la possibilità a giudici e
fiscali di castigare più severamente reati non politici, ma che possono essere
trattati come tali (sequestri, massarci, desplazamientos...) Il governo sta
inoltre pteparando delle misure per le quali anche i minori di 16 anni possano
rispondere penalmente dei reati commessi. Rispetto alle carceri, verrà inoltre
imposto a tutte un regime disciplinario di massima sicurezza, finoi ad ora
presente solo in quattro strutture.
4)COLPIRE LE ENTRATE FINANZIARIE DEI
VIOLENTI
La certezza in questo senso è che l'industira della droga sia il
principale metodo di sotentamento della guerriglia. Per questo bisogna colpire
il narcotraffico; ciò attraverso la collaborazione degli Stati Uniti, che si
impegnano ad informare la Colombia rispetto alle imprese che finanzino i
guerriglieri. questo impegno vuole inoltre essere esteso anche ad altri
organismi internazionali che cogliano collaborare alla lotta al terrorismo.
Saranno inoltre applicate misure di controllo dei movimenti di capitali
sospettosi, e il denaro recuperato in questa maniera verrà utilizzato per la
costruzione di carceri e l'acquisto di strumenti di sicurezza.
5)RILEGITTIMAZIONE DELLO STATO?
Questo punto è quello che il governo
meno si impegna a sostenere, nonostante sia comprovato che la maggior parte
della popolazione non ha nessun vincolo rispetto allo stato. Non esiste quasi
politica di Welfare, almeno 5 milioni di persone non beneficiano dei servizi
pubblici, e `vi è un 90% di impunità e corruzione. Lostato deve tornare ad
essere efficiente, trasparente e giusto, ...staranamente questo punto è quello
che meno gode di iniziativa. Basicamente consta di tre punti: -Riforma politica
-Programma di meritocrazia -Riduzione ddell'apparato statale,mediante la fusione
di entità. sociologi e investigatori sono concordi nel dire che il presidente ha
centrato molto più le forze nella questione militare, quasi dimenticandosi della
ricostruzione dello stato.
6) ADDIO ALLA DIPLOMAZIA DI PACE
La
priorità passa, rispetto al governo Pastrana, dal Plan Colombia, legsto al
fronte internazionale, al vendere il piano di difesa della democrazia alle
regioni, piuttosto che cercare appoggi esterni. Uribe sollecita però
l'intervento dell'Onu come mediatrice del conflitto. L'attitudine è, come già
spiegato, quella del passaggio dalla difesa all'attacco, sulla base del diritto
legittimo di uno stato di difendersi. Questo anche per frenare arbitrarietà e
ingiustizia di molte ONG. Inparticolare vediamo, in questo senso, l'intervento
della Kertzman. ambasciatrice clombiana inCanada, che sostiene che "Non è
possibile che nell'ultimo anno si8ano arrivate all'ambasciata 5000 denuncie di
violazione dei diritti umani, delle quali solo 20 conro la guerriglia. D'ora in
poi saranno le ONG a doversi adattare alle imposizioni del governo, e non il
contrario" Bene, questo è tutto. come già detto io mi trovo ora a Bucaramanga,
proprio con una ONG, che lavora con i bambini di strada. Tirate un po' voi le
conclusioni...
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La svolta autoritaria cominciata con
l’insediamento del nuovo governo di Alvaro Uribe rischia di avere effetti ancora
più devastanti nella giustizia e nella ricerca di responsabilità.
La
strada sempre più difficile della lotta all’impunità
Del Il gruppo 10 di
Pisa di Amnesty International
18 settembre 2002
Una
settimana fa, il 9 settembre, il sottosegretario di stato degli Stati Uniti
Richard Armitage ha certificato l’impegno e i buoni risultati del governo
Colombiano nella salvaguardia dei diritti umani. La certificazione, fortemente
avversata dalle principali ONG per i diritti umani tra cui Amnesty
International, Human Rights Watch e Washington Office on Latin America (WOLA),
era una condizione fissata dal Congresso per sbloccare la seconda tranche di
aiuti al governo Colombiano, circa 42.6 milioni di dollari, destinati alla lotta
alla guerriglia, alla fumigazione dei raccolti di coca ma anche, per la prima
volta, all’addestramento dell’esercito e alla fornitura di materiale bellico per
operazioni anti-guerriglia. Purtroppo, guardando oltre le operazioni di
facciata, l’impegno per i diritti umani del governo Colombiano, è stato
pressoché nullo o comunque largamente insufficiente così che gli alti ufficiali
dell’esercito responsabili di violazioni dei diritti umani attraverso la
connivenza con i gruppi paramilitari sono ancora adesso nelle loro posizioni di
comando. In questa situazione di continui abusi da parte dell’esercito regolare
e dei paramilitari, legati a doppio filo a questo, gli aiuti, in prevalenza
militare, già concessi in precedenza all’interno del discusso Plan Colombia,
sono destinati a peggiorare la situazione e a foraggiare nuove violazioni.
Le violazioni in Colombia sono di dimensioni sconcertanti.
Gli
assassinii di sindacalisti, difensori dei diritti umani, avvocati, insegnanti e
giornalisti sono all’ordine del giorno e non meno esposta è la popolazione
civile, soprattutto nelle zone di conflitto, dove essere semplicemente
sospettato di collaborazionismo con la fazione armata opposta può significare la
minaccia di morte, la tortura, la sparizione e la morte stessa. Bisogna poi
aggiungere lo sfollamento forzato ad opera dei paramilitari (gli sfollati
interni in Colombia sono più di 2 milioni) per fini strategici militari o
economici; i sequestri, gli attentati e l’arruolamento forzato dei bambini ad
opera della guerriglia e infine le operazioni di ‘limpieza social’ ad opera dei
CONVIVIR il cui scopo è l’eliminazione di senza tetto, bambini di strada,
prostitute, spacciatori di droga e tossicodipendenti. Questa galleria degli
orrori è assicurata dalla completa impunità dei colpevoli che costituisce una
componente intrinseca della strategia anti-insurrezionale delle forze armate e
dei gruppi paramilitari ad esse collegati. Assicurare che i responsabili non
siano portati davanti alla giustizia incoraggia la continuazione delle
violazioni. A nulla sono valse le raccomandazioni della Commissione per i
Diritti Umani delle Nazioni Unite (E/CN.4/2002/17, raccomandazione n.7) che
esortava "lo Stato ad adottare le misure necessarie per indagare, punire e
riparare alle gravi violazioni dei diritti umani e della legge umanitaria
internazionale attraverso il sistema giudiziario ordinario, e a prevenire
l’impunità".
Il problema dell'impunità non viene negato dalle autorità
colombiane che non solo ne ammettono l'esistenza, ma ne riconoscono anche il
ruolo nella perpetuazione delle violazioni dei diritti umani.
Il
massacro di Pueblo Bello
L'impunità viene, però, attribuita alle carenze del
sistema giudiziario nell'affrontare ogni tipo di azione criminale,
giustificazione che serve per coprire il fatto che vengono impiegati strutture e
meccanismi specifici per garantirla nei casi di violazioni dei diritti umani. Il
massacro di Pueblo Bello, di seguito descritto, è uno dei casi che può servire
ad illustrare questa situazione.
Pueblo Bello è una cittadina situata
nella municipalità di Turbo, dipartimento di Antioquia, nella regione dell'Urabá
che, all'epoca in cui si svolsero i fatti (gennaio 1990), era una zona
militarizzata amministrata direttamente dall'esercito. Nella zona venivano
imposte particolari misure di sicurezza: tutti gli abitanti erano registrati ed
avevano carte di identità emesse dagli amministratori militari; la libertà di
movimento all'interno era ridotta e l'ingresso e l'uscita venivano controllati
dai posti blocco sulla strada; vigeva il coprifuoco e nessun veicolo poteva
circolare normalmente fra le 6 di sera e le 6 di mattina.
Domenica 14
gennaio 1990, verso le 8.30 di sera, un gruppo di uomini armati, alcuni
incappucciati, altri in uniforme militare ed altri ancora in abiti civili,
sequestrò 43 uomini da Pueblo Bello prelevandoli dalle loro case, dalle strade,
dai bar e da una locale chiesa presbiteriana.
Le vittime furono fatte salire
su due autocarri che si allontanarono dall'abitato percorrendo l'unica strada
che conduce fuori dalla cittadina; non furono fermati al posto di blocco
militare esistente su questa strada.
Tre settimane prima erano stati rubati
43 capi di bestiame da un ranch locale di proprietà di Fidel Castaño, noto con
il soprannome di Rambo a causa del suo coinvolgimento, con il gruppo
paramilitare ai suoi ordini, in numerosi massacri della zona.
Si sospetta
che il furto fosse stato commesso da un gruppo guerrigliero attivo nella zona.
Gli abitanti di Pueblo Bello erano stati frequentemente accusati di essere
simpatizzanti della guerriglia da parte di esercito e paramilitari.
Erano
stati rubati 43 capi di bestiame e 43 uomini erano stati prelevati da pueblo
bello: non sono piu’ stati visti vivi.
A metà febbraio uno dei partecipanti
al raid si consegnò alle autorità e testimoniò che i 43 uomini erano stati
portati al ranch di Fidel Castaño dove erano stati torturati, uccisi e sepolti.
La polizia perlustrò il ranch e trovò delle fosse comuni contenenti 24 corpi.
Sei furono identificati dai familiari come appartenenti al gruppo di uomini
sequestrato a Pueblo Bello.
Poco dopo il ritrovamento dei cadaveri, 5 membri
del gruppo paramilitare furono arrestati ed accusati del sequestro e delle
uccisioni. Furono rilasciati poco dopo.
Nel giugno 1990 due ufficiali del
Battalion Vélez, di turno al posto di blocco nel giorno del sequestro, furono
accusati di negligenza ("omisión permisiva"), per aver permesso il passaggio
agli autocarri che trasportavano gli uomini rapiti. Le accuse furono in seguito
ritirate.
La dr.ssa María Ester Restrepo Quiceno, Procuratore Regional di
Urabá, incaricata dell'indagine amministrativa sul caso Pueblo Bello, fu uccisa
insieme alle due guardie del corpo il 24 luglio 1990.
Solamente nel giugno
1997 il Giudice Regionale di Medellin condannò Fidel Castaño "in absentia" ed
altri 11 membri del gruppo paramilitare a 30 anni di reclusione per il massacro
di Pueblo Bello, ma soltanto tre dei condannati sono stati arrestati.
A
12 anni dal massacro gli altri mandati di arresto non sono stati eseguiti.
Da notare che nel giugno 1991 Fidel Castaño fu anche condannato, "in
absentia", a 20 anni di carcere per complicità nei massacri avvenuti nel 1988
nelle località di Honduras e La Negra.
Il problema dell’impunità in Colombia
si è addirittura aggravato nell’ultimo anno con la designazione del nuovo
Procuratore Generale Luis Camino Osorio ed ora, con l'arrivo al governo del
nuovo presidente Alvaro Uribe, benvoluto dai paramilitari e sospettato di avere
legami con essi, sembra destinato a peggiorare ulteriormente.
Il
Procuratore Generale Osorio ha subito manifestato una forte ostilità verso le
indagini sulle violazioni dei diritti umani. La sua attività di quest’anno è
stata caratterizzata da una immediato licenziamento di molti pubblici ministeri
che si occupavano di diritti umani e dalla mancata difesa dei suoi sottoposti,
minacciati di morte per le loro indagini, che pure riguardavano violazioni dei
diritti umani. Questa pesante indifferenza è stata anche redarguita fortemente
dall’ufficio di Bogotà dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni
Unite che ha avanzato "gravi preoccupazioni circa le prospettive per il
rafforzamento dell’istituzione (il Procuratore Generale, N.d.T) e il suo impegno
per combattere l’impunità. Diverso eventi hanno messo in dubbio l’indipendenza e
l’autonomia dei pubblici ministeri nelle loro indagini nelle violazioni dei
diritti umani, in particolare quelle che coinvolgono gruppi paramilitari e
pubblici ufficiali". In un articolo uscito sul New York Times è stata pubblicata
una dura presa di posizione del Procuratore Generale Osorio contro 45 membri del
Congresso degli Stati Uniti firmatari di un lettera in cui esprimevano
preoccupazione per la situazione dei diritti umani nel paese andino. L’accusa
riportata era quella di aver intrapreso una "guerra" per screditare le autorità
Colombiane, posizione simile a quella di alti ufficiali dell’esercito che
accusano con regolarità i pubblici ministeri che indagano sulle violazioni dei
diritti umani di portare avanti una "guerra giudiziaria" sostenuti dalla
guerriglia.
La svolta autoritaria cominciata con l’insediamento del nuovo
governo di Alvaro Uribe rischia di avere effetti ancora più devastanti nella
lotta all’impunità.
Uno dei primi atti del governo, ad opera del ministro
dell’interno e della giustizia, Fernando Londoño, è stato un forte attacco alla
Corte Costituzionale accusata di eccessivo attivismo giudiziario. La Corte è
l’organo preposto alla salvaguardia dei principi costituzionali e quindi anche
del rispetto costituzionale; in passato aveva ristretto le possibilità del
presidente di limitare o sospendere i diritti costituzionali e aveva deciso
l’assegnazione alla giustizia ordinaria (e non militare) delle indagini sulle
violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza.
La volontà
del governo sembra quella di riformare la Corte per avere una maggiore libertà
di azione.
Il Dossier sulla Colombia è a cura di