CAMPAGNA DI SCAVI 2003

 

Dal 1 al 19 settembre del 2003 ha avuto luogo la terza campagna di scavi nell'area archeologica di “Sa Figu”, nel comune di Ittiri (SS), diretta dallo scrivente. Nei due anni precedenti, l'esplorazione aveva riguardato esclusivamente le tombe della necropoli ipogeica scoperta da Ercole Contu (Notiziario-Sardegna, “R.S.P.”, XVI, 1961, p. 276), e sulle quali abbiamo già riferito in questo stesso Notiziario (“R.S.P.”, LII, 2002, pp. 396-398; “R.S.P.”, LIII, 2003, pp. 637-640); in quest'ultimo intervento, lo scavo si è concentrato soprattutto sul vicino "circolo megalitico", già parzialmente indagato nel 2002, e su altre due tombe ipogeiche ubicate all'esterno dell'area principale della necropoli, a breve distanza dal circolo stesso.

Scavi nel circolo megalitico

 

Il "circolo megalitico"

La struttura megalitica, costituita da una linea di ortostati che racchiudono un'area semicircolare (di m 13 x 10) sul bordo di una rupe calcarea, si compone attualmente di 10 massi ortostatici, mentre un undicesimo giace riverso al centro dell'area.

            Nella planimetria sono abbastanza evidenti alcuni interventi di ristrutturazione, ai quali il circolo fu sottoposto già nell'antichità; in particolare, venne obliterato l'ampio ingresso all'area, ubicato a Sud in posizione centrale, e venne realizzato un ingresso di minori dimensioni a Sud-Ovest, completando con massi più piccoli la lacuna probabilmente determinata dalla scomparsa di un ortostato più grande. La presenza di un notevole strato di pietrame di crollo lascia ipotizzare che una parte della struttura megalitica sia stata integrata con muri di pietre a secco, al fine di realizzare una sorta di rudimentale capanna.

            Una terza fase di uso della struttura portò ad una risistemazione dell'area attorno al piccolo ingresso di Sud-Ovest, ove si rinvenne una vera e propria soglia, notevolmente sopraelevata rispetto al piano di calpestìo della fase precedente.

I materiali archeologici sono stati rinvenuti in uno strato sostanzialmente unico, caratterizzato dalla presenza di reperti di epoche diverse, molto frammentari e mescolati. Sono tuttavia sufficienti per definire, con buona approssimazione, i diversi momenti di vita dell'insediamento.

Scavi nel circolo megalitico

Il rinvenimento di pochi (3 o 4 frammenti) ma inequivocabili reperti ceramici di Cultura Monte Claro, ci consente di annoverare il "circolo" di Sa Figu fra gli edifici di culto di questa fase del Calcolitico evoluto. I raffronti, anche formali, con analoghe strutture di Biriai-Oliena (NU) e, limitatamente al circolo megalitico, di Monte Baranta-Olmedo (SS), confermano il quadro cronologico evidenziato dai materiali archeologici. Siamo quindi in presenza di un "luogo alto": tipico santuario della "religione megalitica" che sembra delinearsi sempre più come il fenomeno cultuale caratteristico dell'Età del Rame della Sardegna (cfr. E. Castaldi, Sa Sedda de Biriai, Roma, Quasar, 1999, pp. 14-23). Purtroppo, le ricognizioni effettuate sul pianoro di Sa Figu, nell'area attorno al circolo, non hanno portato all'individuazione di alcuna struttura di insediamento; è tuttavia probabile che l'abitato calcolitico di riferimento dovesse essere ubicato a valle dell'altura ove è collocata la struttura megalitica.

Per quanto riguarda la successiva fase di frequentazione del sito, lo scavo ha restituito una notevole quantità di materiali archeologici riferibili al Bronzo Medio, e soprattutto alla fase iniziale nota col nome di "Sa Turricula" (anse a gomito con sopraelevazione asciforme, tegami e teglie, ciotole carenate). Proprio nel sito eponimo di Muros, troviamo anche i confronti più puntuali non soltanto per i reperti ceramici, ma soprattutto per la sistemazione generale dell'insediamento. Infatti, mentre a Sa Turricula venne realizzata una grande capanna rettangolare sfruttando, su un lato lungo, una parete rocciosa, a Sa Figu si realizzò un'abitazione analoga sfruttando, in luogo della parete di roccia, gli alti e poderosi ortostati del preesistente circolo.

Si recupera un frammento di ciotola carenata, dal circolo megalitico

Il secondo momento di riuso della struttura, di cui è soprattutto testimonianza la soglia sopraelevata dell'ingresso di Sud-Ovest, potrebbe essere datato al Bronzo Finale-I Ferro: questa è infatti la cronologia suggerita da un frammento di vaso calefattoio, che costituisce il reperto più recente fra quelli rinvenuti nell'area del circolo..

 

La Tomba VIII

Nel corso della campagna di scavi, è stata interamente esplorata anche la Tomba VIII, in collaborazione con la dott.ssa Manuela Marras. Si tratta di un ipogeo a prospetto architettonico, scavato ex novo nella roccia calcarea, la cui fronte è notevolmente rovinata e di cui restano solo poche tracce dell’esedra semicircolare; il portello, ingrandito in tempi recenti, introduce in un vano funerario di pianta ellissoidale, privo di nicchie.

L'interno della Tomba VIII in fase di scavo

Lo scavo del vano funerario ha evidenziato quattro livelli stratigrafici caratterizzati da notevole sconvolgimento; fra questi, si distingue la US2, che ha restituito il maggior numero di reperti. Fra i materiali, si segnalano una ciotolina d’impasto miniaturistica, un boccale quasi integro, un frammento di grande ciotola carenata, due fusaiole fittili (una di forma biconico-lenticolare e l’altra di forma discoidale): tutti reperti ascrivibili al Bronzo Medio, e quindi da attribuire al primo impianto della tomba.

Un riutilizzo sporadico dell’ipogeo nell’Età del Ferro potrebbe invece essere indiziato dal rinvenimento di una perlina in faïence e, soprattutto, di una perlina in pasta vitrea del tipo a ‘occhi di dado’, di probabile produzione fenicio-punica, completamente bruciata, forse da mettere in relazione con una sepoltura ad incinerazione.

Notevoli sono anche le tracce di riuso del sepolcro in epoca romana, di cui sono testimonianza i numerosi materiali fittili: ceramica a pareti sottili, bottiglie di ceramica comune, lucerne. Di difficile attribuzione, perché rinvenute non associate ai relativi vasi, sono invece diverse piccole grappe di restauro in piombo.

            Numerosi sono anche i reperti osteologici, alcuni dei quali con evidenti tracce di combustione, forse da mettere in relazione con la cremazione dell’età del Ferro a cui accennavamo in precedenza. Le ossa si presentano generalmente perturbate, e solo in rari casi sembrano aver mantenuto una qualche connessione anatomica, indizio di inumazione.

            Nell’area dell’esedra, lo scavo ha evidenziato, nel lato sinistro, una notevole concentrazione di materiali accumulati intenzionalmente, provenienti forse da un primo svuotamento della tomba per fare posto a nuove sepolture. Contrariamente ai materiali dell’interno, tra le forme ceramiche le più rappresentate sono quelle delle teglie e dei tegami, ma compaiono anche ciotole, scodelle ed un grande frammento di olla con ansa a nastro a ponte.

Di particolare significato, un frammento che presenta una nervatura verticale impostata sotto l’orlo, tipica della fase denominata ‘Sa Turricula’ (Bronzo Medio 1), che costituisce un chiaro elemento datante per il primo utilizzo dell’ipogeo.

 

Materiali ceramici dall'interno della Tomba VIII

La Tomba V

Anche questo singolare ipogeo, a breve distanza dal circolo megalitico e dalla Tomba VIII, è stato fatto oggetto di indagine. La tomba è scavata in un masso erratico, perfettamente lavorato all’esterno allo scopo di conferirgli una sezione dal profilo a botte; all’interno presenta una camera quadrangolare. Il monumento appare oggi notevolmente lesionato: è privo di tutta la parte orientale, e prima degli scavi mostrava un lato completamente aperto, mentre su quello opposto (a Ovest) si apriva alla base un sommario portello con ancora in situ un rozzo chiusino in calcare, più piccolo dell’apertura stessa. Il tutto richiamava da vicino, seppure in dimensioni estremamente più contenute, la monumentale tomba a prospetto architettonico di Campu Lontanu-Florinas (SS), anche se a Sa Figu manca la stele centinata, che tuttavia supponiamo dovesse essere nella fronte orientale del monumento: proprio quella oggi scomparsa.

            Lo scavo è stato purtroppo estremamente deludente, ed ha in parte disatteso la lettura che del monumento era stata fatta prima dell’indagine. Si è visto come il sottile strato di deposito archeologico non poggiasse sul pavimento del vano funerario: quest’ultimo, infatti, era stato già sfondato in passato, e la terra percolata nell’apertura risultante è da considerarsi riempimento piuttosto recente: assieme a pochissimi fittili preistorici (meno di una decina di cocci) e due o tre frammenti di ossa, si rinvenne anche una moderna bottiglietta da bibita in vetro!

                Il presunto “portello” Ovest, in un primo momento ritenuto un’apertura secondaria come quella di Campu Lontanu, si è rivelato essere uno scasso recente, ed il chiusino una semplice lastra calcarea drizzata davanti all’apertura in tempi recenti, forse da un pastore che intendeva utilizzare il vano come ricovero.

 

                                                                                        Paolo Melis

 

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