INCONTRO
CON GLI SQUALI ED I DELFINI
“Shark feeding ” ? (dare da mangiare agli squali ?) “wath’s
that, pal” ? (di cosa si tratta ?). E cosi’ che un
amico americano mi ha fatto sapere di questa specialita’ subacquea delle isole
Bahamas. Saputo che ero un sub mi ha convinto a partecipare prima ad uno “shark
feeding” e poi ad un’immersione in mare aperto con due delfini.
Ma partiamo dall’inizio: Grand Bahama fa parte
dell’arcipelago che comprende ben 700 isole di cui pero’ solo trenta abitate.
C’e’ un mitico posto “shark junction” dove basta immergersi e stare fermi sul
fondo perche’ dopo pochi minuti si venga avvicinati ,
da numerosi squali di barriera che vanno dal metro e mezzo ai tre metri. Gia’
questo provoca una bella scarica di adrenalina. Potere
osservare questi maestosi predatori nel loro ambiente e cosi’ vicini, nuotano
anche a soli 20 centimetri di distanza, vi assicuro
che non e’ cosa molto facile. In genere si vedono in lontananza mentre
viaggiano nel blu. Ma proprio grazie al fatto che vengono
alimentati tre volte alla settimana, ogni qualvolta vedono dei sub, si
avvicinano nella speranza di ricevere la loro razione di pesce senza faticare.
Esistono quasi 500
specie di questi predatori. Hanno subito cambiamenti evolutivi marginali. Da 100 milioni di anni
sono identici e le prime forme di squali fossili risalgono a 425 milioni di
anni fa. La bocca e’ ventrale ed i denti hanno forme diverse secondo il tipo di alimentazione della specie. I denti sono lassamente
fissati alla mascella , si staccano di frequente e
vengono sostituiti dalla fila successiva.
L’organizzazione subacquea
“Xanadu”, in localita’ Freeport, tre volte alla
settimana organizza nel pomeriggio, una immersione durante la quale “un
feeder”, il mitico Arnold, da dà mangiare ad un manipolo di squali eccitati.
Subito dopo il breefing, in barca, prima viene
riempito il recipiente con i pesci da dare in pasto, e poi si assiste alla
vestizione del sub con una tuta formata da migliaia di anellini di metallo, in
modo che il pescecane non puo’ riuscire ad afferrare e mordere. Cosa che
potrebbe accadere nella mischia per afferrare il pesce. La tuta e’
piuttosto pesante e sott’acqua il “feeder” si muove come i vecchi palombari di
100 anni fa. Il gruppo di sub viene portato su un
fondo di sabbia di 15 metri e messo in ginocchio uno vicino all’altro, facendo
in modo che non resti spazio tra l’uno e l’altro, altrimenti lo squalo potrebbe
infilarsi in mezzo con pericolo per tutti. Due sub dell’organizzazione fanno la guardia muniti di due lunghi bastoni che servono ad
allontanare eventuali pescecani troppo invadenti. Questi pesci mancano di
vescica natatoria, l’organo per il galleggiamento, e sono costretti a mantenere
un movimento costante per galleggiare. Le fessure branchiali, solitamente 5
paia, hanno funzione respiratoria. L’assunzione di ossigeno
ed il rilascio di anidride carbonica avvengono grazie all’acqua che entra dalla
bocca e fuoriesce dalle fessure brachiali. Arriva il “feeder” e gli squali
quasi lo conoscessero, in realta’ sentono il pesce
morto che giace dentro un contenitore semiaperto, gli si gettano tutti addosso,
passandogli tra le gambe, tentando di mordergli il collo e qualche volta,
quasi sapessero che la vita dell’uomo
sotto il mare dipende da quell’atrezzo, cercando di strappargli
l’erogatore. A quel punto, un pesce per
volta, Arnold comincia ad offrire il cibo. Si scatena una bagarre infernale con
gli squali che tentano in tutti i modi di impossessarsi dei pesci morti. Deve
difendersi a manate sul muso e spinte per cercare di liberarsi.
Se non avesse la muta di metallo sicuramente verrebbe
morso piu’ volte. Poi l’incredibile:
afferra uno squalo ed inizia a fargli una leggera carezza sotto il
muso. Lo squalo si acquieta di botto.
Pare che gli organi per l’elettrorecezione, le ampolle di Lorenzini, che gli
permettono di captare i campi elettrici emessi dagli altri pesci e di
orientarsi col campo magnetico terrestre, vadano in
confusione per l’elettricita’ del guanto metallico. Continuando ad accarezzarlo
lo afferra per la pinna dorsale e lo porta vicino ai sub che assistono, per
fargli toccare l’animale che continua a rimanere in questo stato di tranche
temporaneo. Dopo circa tre minuti il pescecane si dibatte e si allontana
rapidamente. Uno spettacolo incredibile. Tentera’ di ripetere il giochetto altre due volte ma senza successo. Infatti ci disse nel breefing che non sempre il tentativo ha
successo. Cosi’ come e’ variabile il numero di squali
presenti. Puo’ oscillare dai 10/15 ai 20/25, secondo le giornate. Nella mia
immersione purtroppo erano solo una decina. Mi sono ugualmente divertito anche
con solo dieci predatori presenti all’appello. Dopo una trentina di minuti
Arnold si allontana dal gruppo portandosi dietro i predatori. I sub dopo avere
cercato nella sabbia eventuali denti persi dai pescecane
nella bagarre per afferrare i pesci offertigli, fanno una lenta risalita verso
la barca. Appena fuori dall’acqua le esclamazioni di
meraviglia mista ad una leggera paura non si contano: Arnold si lamenta di un pescecane troppo aggressivo
che dopo avergli staccato la cinghietta
che gli tiene il cappuccio cerca poi di strappargli l’erogatore di bocca. Ci
racconta che ogni volta si presenta una situazione diversa che va affrontata
con molta prontezza di spirito per la sicurezza sua e degli spettatori. Pochi
minuti dopo l’arrivo a terra siamo già in sala proiezione per vedere il video
dell’immersione che ognuno si porterà a casa a ricordo dell’avventura appena
vissuta. Parliamo adesso un po’ delle Bahamas. E’ un arcipelago costituito da settecento
isole basse e piatte. Contando anche gli atolli si arriva
a duemila. Solo una trentina di esse sono abitate.
Emergono dal Bahamas bank, un’area di 180.000
chilometri quadrati di secche e banchi di corallo poco profondi, che si snodano
per più di 1330 chilometri dalla Florida fin quasi ad Haiti. L’estremo nord
dell’arcipelago si trova ad appena 55 miglia da Palm Beach mentre la punta sud, dopo 500 miglia, va a sfiorare l’estremità
settentrionale di Cuba. La maggior parte dei 288.000 abitanti
delle Bahamas vive a New Providence e Grand Bahama. Il clima e’ tropicale, con moderate
escursioni e medie che vanno dai 25 gradi invernali ai 32 dell’estate. La
temperatura dell’acqua oscilla invece, dai 24 ai 30 gradi. L’unico fattore
negativo sono gli uragani possibili da agosto a
settembre di ogni anno. Proprio con uno di questi, chiamato con il solito nome
di donna “Isabell”, abbiamo rischiato di scontrarci. Appena
arrivati veniamo a sapere che un nuovo uragano si stava formando al largo delle
coste africane. Il giorno dopo che si stava
avvicinando ai Caraibi rafforzandosi da
livello 2 a livello 3. Intanto la vacanza stava cominciando ad entrare
sempre piu’ nel vivo. Quattro giorni dopo, l’uragano “Isabell” era citato su
tutte le televisioni, aveva raggiunto forza 5, il
massimo, con venti di più di 250 kilometri all’ora ed era diretto in modo
preciso verso Grand Bahama. Mi informo presso il
resort e mi dicono che in caso di arrivo di “Isabell” ci avrebbero
immediatamente evacuati. Potete immaginare la mia felicità proprio adesso che
iniziavo a divertirmi per davvero. All’ottavo giorno, per fortuna, cambia
direzione e si dirige verso nord e le coste degli Stati Uniti. Pericolo
scampato.
La seconda esperienza
memorabile e’ stata l’immersione con i delfini. Specialita’ esclusiva
dell’organizzazione subacquea UNEXCO, uno dei dive center
piu’ grandi del mondo, dove quando si arriva si viene distribuiti alle
varie barche come si fosse in una stazione di treni, e’ una avventura
assolutamente da non perdere. Ci si dirige come prima tappa al “dolphin
sanctuary”, dove sono tenuti in semilibertà 18 delfini. Ci danno una serie di
notizie su questi meravigliosi mammiferi: hanno una lunghezza media di 2/2.50
metri. Pesano dai 70 ai 150 chilogrammi. Vivono 25/30 anni. Possono raggiungere
una velocita’ massima di 45 km/ora e navigare per lunghi periodi a 20 km/ora.
Hanno bisogno di respirare almeno ogni 15 minuti anche se il delfino normale
trattiene il fiato per circa 3 minuti alla volta. Durante l’immersione
il cuore rallenta il battito riducendo cosi’ anche il consumo di
ossigeno. Altra caratteristica dei delfini e che dormono con
meta’ del cervello alla volta. Infatti la meta’
sveglia gli consente di risalire in superficie per respirare. Si cibano di
pesce, calamari e crostacei che inghiottono per intero. Possiedono un
linguaggio altamente sviluppato, e miriadi di
vocalizzazioni diverse per durata, intensita’ e frequenza. Possono essere uditi
a decine di miglia di distanza grazie all’evoluzione del
loro apparato acustico che gli permette di percepire sia infrasuoni che
ultrasuoni. In seguito, un veloce briefing, durante il quale viene
anticipato come si interagirà con questi meravigliosi mammiferi. Si riparte
verso il mare aperto. La barca dei sub viene
accompagnata sul luogo dell’immersione da una barchetta piu’ piccola con i due
addestratori di delfini e in acqua loro : i pesci/mammiferi da sempre amici
dell’uomo. Comincia subito lo show.
Lungo il percorso Molly e Dolly saltano fuori dall’acqua,
fanno il surf sull’onda della nostra barca, si avvicinano e poi si allontanano,
vederli e’ un piacere. Arrivati sul posto mi carico di ben due macchine
fotografiche subacquee e mi immergo. Ed ecco che Molly e Dolly si avvicinano a curiosare accompagnati
dai loro istruttori. Rivolgo il palmo della mano verso uno dei due e
quello immediatamente si avvicina e si ferma accanto a me per farsi accarezzare
sulla schiena. Mentre lo accarezzo mi guarda con il
suo occhietto curioso ed intelligente. Hanno la possibilita tramite i muscoli
oculari di variare la convessita’ del cristallino ed in questo modo adattarli
alla visione fuori o dentro l’acqua. Poi dopo qualche minuto parte a razzo
verso il suo istruttore. Mi metto verticale con solo la punta delle pinne
appoggiate sul fondo e allungo completamente il braccio con la mano aperta. Il
delfino messo il muso sul mio palmo mi fa fare tre
giri su me stesso a velocità folle. Non capisco nulla ma
dentro la maschera scoppio a ridere e urlo nell’erogatore dalla gioia. Una esperienza che mai avrei pensato di fare. Ultima
interazione: mi tolgo il boccaglio per ricevere un bacio in bocca dal
mammifero. In un momento successivo l’istruttrice mi farà anche dare un pesce
come premio all’animale. Il resto del tempo lo passo ad osservare questi grandi mammiferi. Vederli
nuotare in acque libere ed interagire con gli altri subacquei è veramente una
gioia per chi ama il mondo marino e questi animali in particolare.
L’isola di Grand Bahama e’
anche fornita di spiaggie lunghissime dotate di “sea pine”, pini marittimi, e
mangrovie che arrivano fin sulla spiaggia. La piu’ bella e’ quella situata nel
“Lucanyan National Park”. Un parco che comprende grotte in
collegamento con il mare, paludi di mangrovie e chilometri di spiaggie deserte.
La piu’ bella dista circa 20 miglia da Port Lucaya, sul lato est di Grand
Bahama, ed e’ spettacolosa. Bisogna andarci con l’alta
marea quando l’oceano lambisce la vegetazione, perchè poi con il passare delle
ore, l’acqua si allontana e si forma una larghissima spiaggia e zone con un minuscolo
strato di mare dove si specchia il cielo al tramonto. E’
difficile trovare altre persone nel raggio di centinaia di metri, quindi la
solitudine e’ assicurata.
Ci si sente veramente parte
della natura. Si puo’ stare nell’acqua poco profonda con
una temperatura che consente lunghissimi bagni e nel contempo ammirare le
nuvole bianche sempre presenti in cielo, giocare con i granchietti nell’acqua
bassa, osservare la vegetazione che lambisce la spiaggia e gli uccelli che
volano sulla terra o sul mare.
Un’isola che è un paradiso
terrestre, a cui vanno aggiunti la mancanza di tasse, poca delinquenza,
popolazione molto amichevole (il turismo e’ la loro principale fonte di
sostentamento) e la vicinanza con la Florida che dista solo mezz’ora di volo.
Paolo Macorig