Omar Wisyam




Al posto del fine, per principio
































Premessa

La dialettica negativa descritta da Adorno mantiene in vigore la dialettica sebbene la sottoponga al più forte contrappasso che la critica le abbia riservato. La conoscenza mira al particolare, ma nella forma della mediazione chi ci rimette è il particolare, e nella dialettica hegeliana la coscienza del particolare, la sua cosa più vera, secondo Adorno, finisce per eliminare il particolare. La socializzazione come fine della dialettica finisce per rovesciarsi nel suo contrario. Hegel e i suoi seguaci marxisti hanno squalificato l'eterogeneo come elemento caotico. Ciò che viene chiamato angoscia non è altro che claustrofobia, aveva ricordato Adorno. La dialettica negativa si arresta dove intuisce che la posizione del pensiero nei confronti della felicità sarebbe la negazione di ogni falsa felicità. Questa affermazione segna il limite dell'impostazione del problema da parte di Adorno.


Il giovane Marx ricordava ai suoi futuri seguaci che noi conosciamo un'unica scienza, la scienza della storia, che tuttavia non è una scienza. Non sarò io a concludere il discorso che porterà alla dismissione delle illusioni della dialettica. Nella Premessa alla Dialettica negativa Adorno spiegava che quando Benjamin nel I 9 3 7 lesse quella parte della Metacritica della gnoseologia che l'autore aveva allora portata a termine - si tratta dell'ultimo capitolo di quel libro -, osservò che per giungere in modo rigoroso al filosofare concreto si doveva attraversare il deserto di ghiaccio dell'astrazione. Ora la Dialettica negativa traccia retrospettivamente tale via. Nella filosofia contemporanea la concretezza è stata ottenuta per lo più surrettiziamente. Per contro il testo prevalentemente astratto intende servire alla sua autenticità non meno che alla spiegazione del procedimento concreto dell'autore. Nei dibattiti estetici si parla comunemente di antidramma e di antieroe; analogamente la Dialettica negativa, che non tocca affatto temi estetici, potrebbe chiamarsi antisistema.


In modo analogo si potrebbe dire che neppure l'antisistema smette di avere rapporti con il sistema, conservando nella condanna l'analogia col nemico da abbattere al quale rimandano inusitati legami.

La triste verità è, da un punto di vista metapsicologico, una regressione. Le spontaneità dei singoli sono condannate alla pseudoattività, potenzialmente alla stupidità (Adorno).























La destinazione del destino


 

 

0

Era cambiato tutto meno la cosa che decide di ogni altra, l'inimicizia come spirito del mondo.


Sono come sempre un gregario nell'animo...


Un libro serve a chi lo scrive, raramente a chi lo legge.


Abbondare nei particolari, visto che l'insieme è inafferrabile.


Luigi Pintor - Servabo.

 

0.1

Premesse.

L'idea dell'eterno ritorno è l'idea del nessun ritorno, perciò non è preferibile a quella dell'eterna vergogna o dell'eterno smarrimento.

In linea generale, quella che, maldestramente si chiama vita prenatale, o intrauterina (A. Breton, P. Eluard), è senza dubbio più densamente vissuta della cosiddetta esistenza tanto che mai il divenire conoscerà la stessa intensità. La cui cifra è una esclusione, l'exsistere al di fuori della vera vita. Su questo argomento, dato che ogni parvenu crede di poter dire la sua, converrà procedere in ordine sparso. Al fato ciò che è suo, i cambiamenti appaiono vorticosi e non è necessario spendervi parole più inutili di quelle che dovrebbero evitare gli inconvenienti successivi. L'immacolata concezione che la tecnica rende disponibile per cui si è disinvoltamente liberata dell'Edipo, restituisce come materiale inerte i testi che questo periodo apertamente richiama, e si offre, rifiutando di vedere intorno a sé, al pericolo. Una grande presunzione - grande oltre ogni confronto - permette al fantasma di negare la realtà delle forme che lo incatenano.

Nella gettatezza dell'exsistere la possibilità del progetto è il progetto della propria fine; il gettare avanti ciò che resta, giacché si finisce con il guardare indietro, è filologicamente auspicabile, come direbbe W. Benjamin.

 

0.1.1

Ma dove vado adesso, dove andrò,

notte iniziata tardi e già finita?

Provavo il marciapiede con la neve

scivolando a New York sul marciapiede

per la neve ormai immobile e gelata.

Con una mia caldissima pisciata

potrei scioglierla un po', aprire un po'

la strada. Eccomi utile e tardamente

chiara: luna che cresce, vento che scende,

adesso dormo, domani torno.


Notte palombara di Patrizia Cavalli.


Attraverso un atto meno singolare della pretesa che la poesia getta sotto, la nostalgia si camuffa in uno scherzo, che è più bello di qualunque testardaggine. Accendi le prospettive della stanchezza è il consiglio che i versi interpretano fin troppo bene, perché la nostalgia è l'ombra più bella sulla meridiana?

 


0.1.2

Di L. Wittgenstein questa frase: - Il soggetto è il soggetto che vuole - pendant allusivo a un'altra di un altro filosofo che diceva. - Noi, i soggetti -.

 

0.2

Glosse a una critica radicale del tempo.

Quando Menelao si trovò davanti Proteo si lanciò, dice il mito omerico, e lo catturò; ma subito Proteo si fece leone, pantera, drago, acqua corrente, albero verdeggiante. Fu necessario che Menelao domasse Proteo e lo costringesse a prendere la sua propria forma: allora Proteo disse a Menelao la verità.


Simone Weil - Primi scritti filosofici.

 

0.2.1

La velocità.

Nello sguardo di chi ha la catastrofe alle spalle, e vede da dietro le macerie, l'importante è proprio la velocità con cui si acquisisce e si legge lo spazio, gli ambienti, quali si attraversano e da cui si è attraversati, ma la sfuggenza e la mobilità sempre meno evitano la cattura e tanto meno il mimetismo delle lepri di Adorno. Ogni movimento si fa doppio, triplo, quadruplo, ma non basta. Non è questa la via. (...)

Non si tratta di un articolo molto interessante, ma finisce così: È il travestimento che smaschera, ma non c'è nulla da smascherare: il doppio è fittizio, perché il quadro è mutevole. Non è più là, ma quando andrò là e mi sembrerà così, non ci sarà più.

 

0.2.1.1

L'impossibile.

Il volume L'impossibile di G. Bataille fu pubblicato con inchiostro bianco su pagine nere, d'altronde lo stesso editore, dello stesso autore, aveva stampato la Critica dell'occhio. Le conferenze del non-sapere contengono il materiale grezzo che avrebbe dovuto confluire in un libro che non fu mai composto, e che avrebbe dovuto avere come titolo Ridere da morire. Morire dal ridere. L'inutilità è un'appendice estetica della teoria.

 

0.2.2

Nei mari estremi.

Non mi ero posta il problema: io non temo il vissuto. La parola scritta, il ritmo delle frasi non dipendono da esso. L'arte è astrazione - Dalla Presentazione del 1996 a Nei mari estremi.

Se l'arte non è astrazione, ma in linea di principio, è il non porsi del problema piuttosto che - spropositatamente? - affermare di non temere né questo né quello, sicché solo l'inizio è verosimile, ecco dunque, che il dimenticare è la presunzione della non intimorita, e di chi anche?

 

0.2.2.2

Un comando come Regola il passo su quello delle tempeste, non intimorisce, né acquieta sulla presunzione acquisita che le uniche certezze sono le eccezioni e chi le governa sa che ogni scrupolo è a suo danno, infatti tutti gli uomini sono partigiani della Libertà, dell'Uguaglianza e della Fraternità - così si scrive per simulare l'immbecillità.

 

0.2.3

Un paradosso.

Nelle sue più remote mediazioni resta l'onda di tremore della contraddizione, come nel pianissimo estremo della musica il rintronare dell'orrido (Adorno).

 


0.3

L'elogio di Adorno al trapassare oltre le cose, oltre la gravità del puro fatto, non concede nulla all'allucinazione, all'ebbrezza, alla visione del reale, quanto invece presuppone, di fronte al dilatarsi dell'orrore, di esserci non in quanto pura coscienza infelice del negativo. L'interazione della doppiezza e dell'irriducibilità dà luogo alla dialettica radicale, permette che non sia l'ontologia dello stato di reificazione che la ratio scientifica post-moderna vorrebbe.

Siamo in ritardo ma tanto peggio! Mordiamo i morti e facciamo ai vivi impossibili segnali, cui tuttavia attribuirò un senso nettamente negativo. La battaglia infuria... Ma noi lasciamo qui le nostre insegne di cani... (Jean Pierre Duprey).

 

0.4

Il tempo è tutto, l'uomo non è più nulla; esso diviene tutt'al più una carcassa del tempo (K. Marx).

Non esiste niente di più irreale che il valore di una cosa, eppure tutta la vita presente si riconduce al valore delle merci. Il valore è l'autonomia delle merci, ogni merce, anche la più eterea e immateriale, incorporando il suo tempo di fabbricazione ci costringe a scoprire, nostro malgrado, ricavato dal valore di mercato, il tempo degli esseri umani. Ma ancora gli sguardi ingannati incontrano solo le cose e il loro prezzo. Ritrovo in queste parole, fortunosamente salvate dal tempo, che allora, mentre le scrivevo, dovevo attraversare lo specchio, e il tempo sarebbe ritornato a sorridere nel consumo, dal quale prima dei vent'anni, non ero per niente sottomesso. Ciò non costituiva alcun problema.

 

0.5

Non cogliere il tempo di ricominciare vuol dire che sarà esso a coglierti e, nello stesso senso, la libertà con cui mi fai ridere fino alle lacrime è la tua libertà, da ciò deriva che per mettere l'ordine al suo posto devi confondere le pietre della strada.

 

0.5.1

Non aspettarti mai è la logica premessa per cui vale la conclusione che non hai niente da fare prima di morire.

 

0.6

Se è vero che in generale la fiducia si affaccia solo dietro le gelosie dell'osservazione, è enfaticamente significativo di uno stile che nei nostri brevi rapporti con l'esistenza tutto sta nell'aver tenuto un po' il ritmo, se le arie della falsità hanno suonato per voi senza che voi dimenticaste che il primo e minor termine di una soluzione, mentre si perde il ricordo delle svolte del tragitto, è rendere giustizia all'uguaglianza, per cui non si è abbastanza certi della propria vita per non stimare quella degli altri.

 

0.6.1

Dare al dispiacere la forma di una speranza terribile e disarmata.

 

0.6.2

Poiché ti astieni da ciò è che la testa sulle spalle, sostieni la tua testa, che, diversamente dalle castagne, è assolutamente priva di peso perché non è ancora caduta.

 

0.6.3

L'amore moltiplica i problemi, ma girando intorno a se stessi l'esito infinitamente problematico del problema ci dà il calendario perpetuo, perché l'amore ha sempre tempo.

Fa' loro la sorpresa di non confondere il futuro del verbo avere col passato del verbo essere (A. Breton, P. Eluard - L'immacolata concezione).

 

0.7

Conclusioni.

Un po' più di un secolo fa, nel 1898, nasceva Faustroll, che credeva di stupire a lungo con la Patafisica. Delle sue letture, i ventisette pari (il piccolo numero dei suoi eletti), sono ancora valide alcune definizioni che li evocano. Da tutti i quartieri dove non voglio bere, il volo, guidato dal suo fiuto, delle pagine, simili a gazze, viene a succhiare la vita (la loro, esclusiva), al getto sciropposo e fumante della cerbottana saturnina. Faustroll decide che la pittura, l'arte, il lusso borghese, hanno bisogno di una Macchina per Dipingere nel Palazzo delle Macchine, perciò è affidato a Henri Rousseau l'incarico perché imbelletti con la calma uniforme del caos. La Macchina, Clinamen, eiacula, dopo la fine del mondo abitato, nel palazzo suggellato ergendo sola la lucentezza morta. Quindi, nulla, infine cioè com'è bello il giallo!


0.7.1.

Sarebbe per me facile trasmutare ogni cosa, perché posseggo anche questa pietra (...), ma ho sperimentato che il beneficio non si estende che a coloro il cui cervello è questa stessa pietra ... (A. Jarry). Solo teste dure.

 

























Postfazione a qualunque testo di Guy Debord



 

Lo stile perde limpidezza come lo spirito si fa più profondo e perciò più pessimista. In effetti si tratta di riprendere una critica del tempo.


1.

J. L. Borges nell'introduzione a L'invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares scrive che Stevenson verso il 1882 annotò che i britannici, in genere, non apprezzavano i romanzi di peripezie e Ortega y Gasset nella Disumanizzazione dell'arte del 1925 decreta che l'invenzione di un'avventura interessante è praticamente impossibile. Borges dissente da quest'opinione per motivi di ordine intellettuale e empirico e afferma che nessun'altra epoca possiede romanzi di così ammirevole trama come Il giro di vite (The Turn of the Screw), come Il processo (Der Prozess), come Il viaggiatore sulla terra (Le Voyageur sur la Terre), come questo che è riuscito a scrivere, a Buenos Aires, Adolfo Bioy Casares. Poi, e qui si viene all'oggetto del discorso, basterà dichiarare che Bioy rinnova letterariamente un'idea che Sant'Agostino e Origene confutarono, che Louis Auguste Blanqui ragionò e che Dante Gabriele Rossetti disse con musica memorabile:


I have been here before,

But when or how I cannot tell:

I know the grass beyond the door,

The sweet keen smell,

The sighing sound, the lights around the shore...


Sono già stato qui,

ma quando o come non so dire:

conosco quell'erba davanti alla porta,

quel dolce intenso odore,

quel rumore sospirante, quelle luci attorno alla costa...


Borges con un giudizio di opera perfetta attribuito a L'invenzione di Morel (il cui titolo allude a un altro inventore isolano, Moreau) trasferisce nelle nostre terre e nelle nostre lingue il suggerimento di una critica radicale del tempo come genere nuovo.


1.1

Nel Manoscritto di Brodie, del 1970, Borges, che si ispira a Kipling, narra di guappi smargiassi e feroci, di teppisti, di cuchilleros, e di armi che tornano a colpire dopo la morte dei loro proprietari perché nel ferro resta in agguato il rancore umano, che sembra dormire. Ma il contrario, evidentemente, è la stessa cosa.


1.1.1

A me mi pareva di capire e mi pareva che pure la vita non è così complicata e che certe cose che paiono impossibili poi vai a vedere che sono le più normali. Prendi ad esempio i guai. tu stai in un guaio così e così perché hai provato fino a là e ti pare che oltre non puoi andare. Ma se ci pensi, vedi che volendo hai voglia a andare e che come va va, il guaio invece oltre non può andare. Il fatto, allora, è che non è il guaio, è che certe cose proprio non tieni lo stomaco di farle. E perché non tieni lo stomaco, vai a saperlo.


L'unica idea sicura era che non devi pensare troppo al perché e al percome, che è più conveniente fare, perché tanto a pensare ti attacchi al tram.


Ferrandino - Pericle il Nero.


2.

In un'atmosfera di sogno, come in altre fasi del romanzo Steppenwolf (Il lupo della steppa), ma soprattutto in questa del teatro magico, il cui prezzo d'ingresso è il cervello (situazione peraltro più che ordinaria, bassamente corrente anziché onirica e fantastica), Harry Haller (il lupo della steppa) è attirato da un'iscrizione: Caccia allegra! Caccia grossa alle automobili. Appena dentro, si trova in una situazione che oggi diremmo da videogiochi (una fruttuosa ispirazione, il teatro magico, per questi ultimi). Per le strade correvano le automobili, in parte corazzate, e davano la caccia ai pedoni, li schiacciavano riducendoli in poltiglia, li spiaccicavano contro i muri delle case. Dei manifesti eccitanti invitavano la gente a far fuori i ricchi grassi automobilisti. Degli altri, all'opposto, esaltavano le macchine come ultima e suprema invenzione degli uomini. Si trattava di una guerra seria e molto simpatica, a cui Harry prende parte con gioia. Incontra, come in sogno, ma è naturale, un compagno di scuola dimenticato da decenni, Gustavo, professore di teologia, che per correggere l'aiuto di Martin Lutero ai principi e ai ricchi decide, ma in fondo è indifferente, di sparare agli automobilisti. Arrivati in macchina sul posto, Harry spara per primo, poi tocca a Gustavo ammazzare i guidatori. Sulla terza macchina rimangono vivi i due passeggeri, morto l'autista, il Pubblico ministero Loering e la stenografa. Il pubblico ministero, si potrebbe dire, subisce un colloquio con il teologo nichilista. I conducenti di una quarta vettura, rimasta illesa, portano in città l'anziano pubblico ministero. Dora, la stenografa, sale con i due sul rifugio da cui Harry e Gustavo continuano a sparare. Per Harry americani e bolscevichi hanno violentato la natura umana e la vita stessa, perché la semplificano in modo troppo ingenuo. Ma uccidere, che è senz'altro una tipica semplificazione, è necessario per fermare la moltiplicazione. Il comportamento di un pedone che nelle automobili fracassate fruga per trovarvi infine del vino che beve e qualcosa da mangiare, per la sua innocenza, suscita un'istintiva vergogna nei due per il sangue versato, ma anche della verace fame, come Dora intuisce per prima: Non avete fame, voi bolscevichi? Prima di precipitare nel vuoto di un'intermittenza del sogno Harry bacia le ginocchia di Dora, che si mette a ridere.


2.1

Nella Disfatta, Emile Zola, non avendo nulla da dire più di quanto un lettore delle gazzette potesse aspettarsi, precisa, alla fine della vicenda, che i borghesi erano ancora più feroci dei soldati, e i giornali, recentemente riapparsi, incitavano allo sterminio, come se l'ovvio non si vendesse a peso. Cosa rimaneva da difendere ai federati se non il cimitero del Père-Lachaise? Che cosa alle truppe di Versailles se non conquistarlo tomba per tomba? A un romanzo penoso manca la sobrietà del pensiero, a un finale in cui si leva l'aurora sulla città in fiamme...


2.2

Alle critiche permalose della sinistra hegeliana, Max Stirner rispose in modo ancora più, se era possibile, intollerabile.

Io voglio solo essere io; io disprezzo la natura, gli uomini, le loro leggi, la società umana e il suo amore, e recido ogni rapporto generale con essa, persino quello del linguaggio. A tutte le pretese del vostro dovere, io contrappongo l'atarassia del mio io. E faccio giò una concessione, se mi servo del linguaggio, io sono l'indicibile, io mi mostro soltanto. Nell'insolenza di Stirner si ravvisa uno stile, durevole, in cui è facile riconoscere più che le declinazioni della critica, certe storiche inettitudini dei suoi avversari.


2.3

La rivolta contro le condizioni esistenti di vita è presente ovunque. E' stato lo spettacolo della soddisfazione a fornire il suo progetto esplicito, secondo il principio che afferma che l'unità degli oppressi fa la coerenza degli incontri possibili. Il nemico ha sperimentato nello spavento che per lui il maggior pericolo era che tutto andasse spettacolarmente bene. Quindi bisogna ormai che tutto vada spettacolarmente male. Però bisogna che la rivolta presente ovunque non possa precisare ulteriormente il suo scopo e la sua organizzazione. L'insoddisfazione divenuta ufficiale deve prevenire la comprensione del mondo da parte del mondo stesso divulgando tutti gli aspetti della sua decomposizione, ma separatamente, come dettagli. La lotta è tra la pubblicità dell'insoddisfazione, che è insoddisfazione vertente sull'essenziale, cioè l'insoddisfazione vertente sulla pubblicità; e lo spettacolo dell'insoddisfazione che è l'insoddisfazione vertente sui dettagli, e cioè lo spettacolo del nichilismo.


2.4

Simplicissimissimus.

Hans Georg Gadamer nel 1982 ai partecipanti a una conferenza a Vienna diceva: L'intera dottrina politica e delle costituzioni mira a limitare l'aspirazione al potere di coloro che lo detengono, e a formare il consenso di coloro che sono dominati. Già all'inizio del nostro secolo il grande sociologo Max Weber ha preconizzato il destino del progressivo disincanto del mondo come destino della crescente burocratizzazione. Nel frattempo noi viviamo l'inevitabilità di questo processo. Esso governa letteralmente il nostro intero sistema sociale dal principio alla fine, e nessun sistema politico al mondo sembra conoscere un rimedio contro di esso. La forma attuale della paura non è romantica, se non per alcuni adolescenti, e neppure mai prima lo è stata per gli altri. Per questo L'avventuroso Simplicissimus di Grimmelshausen sembrava essere (non per antitesi), esclusa la fine della vicenda, un alter ego per la teoria senza prassi e la quotidianità di una prassi senza denaro.


2.5

Fleur Jaeggy con Le statue d'acqua, testimonia di un rapporto impossibile con la realtà. Il personaggio Beeklam, che raccoglie qualcosa dei vegliardi di Beckett, non ha più a disposizione itinerari a ritroso, se non di maniera; non è l'innominabile, è da tempo oltre quella stesura. Ha già dimorato nella corruzione indefinita, prima di essere descritto. Nell'acqua che filtra dappertutto scivola la sua presenza, la sua rappresentanza. Acqua che scrive invano, la scrittura del sembiante discretamente cita l'impossibile rapporto con il reale, la cui negatività non specchia che l'evanescenza della sua materialità post festum. Le statue di cui è il legatore non sono che le concrezioni di una pulsione temporale che stagna indefinitamente, i nodi di una diacronia dimenticata, oppure non passata, inavvertita, non vissuta, che è la sua storia. L'io di Beeklam si raccorda a questi passaggi slittati da un'interiorità che non si capisce come possa essere concepita, dove, dunque, la parola, letteratura di grado sempre ulteriore, ritorna alla sua immobilità preferita, l'assenza.

Se questo romanzo ha manifestato la reverie del raggelamento, medusizzata, come la più vera, anche non dicendo nulla che la offenda, affida alle giovani generazioni, come seconda scelta, il tema di un fantastique suicida - mentre l'incubo del già visto ossessiona il pubblico dello spettacolo e della pubblicità - con la freddezza di chi non ha paura chhe le fobie di massa diventino verità ufficiali perché si crede in lizza per la direzione occulta dell'occultamento.


3.

Una certa quantità di falsità nella critica la rende universalmente leggibile.


3.1

Le dialettiche dell'antidialettica.

Il pensiero dialettico, trialettico, tetralettico, pentalettico, ecc. non si arresta mai! I soggetti attraverso i quali si manifesta non sanno dove saranno condotti, ma solo dove ricondurranno ciò che non sono in grado di capire. Quelli che fingono di dominarle sanno solo di non essere esclusi dalle sue conseguenze; altri ancora che credono di sapere dove non può trovarsi, il pensiero li sorprenderà, attuato da chi non si attendevano e in forme impreviste.


3.1.1

Quando la volontà di potenza dello spettacolo incontra dei limiti, se ripiega, è per raddoppiare la circolazione del falso, che non si sgretola mostrando nella dialettica negativa la circolarità viziosa delle sue virtù.

4.

Dato che ogni cosa ha un tempo suo.

Il moto dell'opinione manipolata mi ha fatto capire fino a che punto siamo stati ridotti a usare gli eventi mondiali con la stessa dissipazione puerile che esercitiamo sui prodotti: a consumarli (Franco Fortini - I cani del Sinai). La guerra del '67 ha aperto gli occhi a qualcuno, il noi adoperato dall'autore non è il plurale dell'immodestia, adoperato senza ritegno, o al contrario, con l'ironia che ne ridicolizza la presunzione, ma quello di una comune sottomissione all'imperativo della stessa legge, che si è confermata ovunque in seguito.


5.

Le citazioni che seguono sono tratte dal Delitto perfetto di Jean Baudrillard.


Se la teoria non aspira più al discorso della verità, deve prendere la forma di un mondo da cui la verità si è ritirata. Diventa allora il suo stesso oggetto.


Lo statuto della teoria può essere solo quello di una sfida al reale. O meglio, la loro relazione è quella di una sfida reciproca. Il reale stesso infatti è indubbiamente solo una sfida alla teoria.


La teoria stessa deve essere in anticipo sul suo stesso destino. Bisogna infatti prevedere per ogni pensiero degli strani domani. La teoria è comunque votata ad essere stravolta, deviata, manipolata. meglio quindi che essa stessa si stravolga da sola. se aspira a degli effetti di verità, deve eclissarli col suo stesso movimento. La scrittura è fatta per questo.


Debord avrebbe spiegato altrimenti il suicidio della teoria. Talvolta si mescolano elementi di critica dell'esistente, lungo le linee aggiornate della lotta in corso nello spettacolo.


6.

L'arte della guerra, dovendo trattare di forze vive, forze morali, non può mai raggiungere l'assoluto, la certezza; dappertutto rimane aperto uno spiraglio all'accidentale, altrettanto grande nelle cose di grandissimo, quanto in quelle di piccolissimo momento. Poiché su un piatto sta l'accidentale, il coraggio e la fiducia in se stessi devono prendere posto nell'altro, riempire i vuoti. Tanto grandi sono queste qualità, altrettanto grande può essere il campo offerto all'accidentale. Coraggio e fiducia in se stessi sono dunque principi veramente essenziali nella guerra; per conseguenza la teoria non può stabilire altre leggi che quelle ove queste necessarie e nobilissime virtù guerriere possano esplicarsi liberamente, in tutte le loro gradazioni e varietà. Anche il rischiare è prudenza, talvolta perfino preveggenza; è solo l'unità di misura che cambia.


6.1

La guerra è il campo del pericolo quindi il coraggio è la prima qualità del guerriero. Il coraggio è di due generi: coraggio in presenza del pericolo personale e coraggio di fronte alle responsabilità, sia nei riguardi del giudizio di una qualche potenza esteriore, sia nei riguardi della propria coscienza.

La guerra è il regno del caso. In nessun altra attività umana si deve lasciare a questo elemento estraneo un gioco così libero, perché nessuna vi è in così continuo contatto. Esso aumenta l'incertezza di tutte le situazioni e turba l'andamento degli avvenimenti.


6.2

Gli uomini indolenti non si lasciano facilmente allontanare dall'equilibrio, ma non si può certo parlare in questo caso di forza d'animo, perché manca ogni manifestazione di forza. Non si deve però negare che uomini simili in grazia appunto del loro equilibrio, mostrino in guerra una certa, per quanto unilaterale capacità. Manca loro spesso il motivo dell'azione,la spinta, e per conseguenza l'attività, ma non è facile che essi mandino a male alcunché.


6.3

La testardaggine non è un difetto dell'intelligenza: noi designiamo con questa parola la resistenza contro le idee migliori, che non può essere posta senza contraddizione nell'intelletto, cioè nella facoltà appunto che genera le idee. La testardaggine è un difetto dell'animo. Questa rigidità del volere, questa irritabilità di fronte ai consigli altrui ha fondamento solo in una particolare forma di egoismo: un egoismo che pone più in alto di tutto il piacere di dominare su sé stessi e sugli altri in virtù della propria esclusiva attività spirituale.


Sulla Guerra di Carl von Clausevitz.


7.

In una poesia di Fernando Pessoa si evoca il viaggiare, il perdere paesi e identità. Dove non c'è errore c'è assenza, perché viaggiare così è viaggio, cioè sognare, mentre restano, sono il resto, solo terra e cielo, quello che non si vede, perché l'anima senza radici è priva della vista. All'ignoranza dell'origine corrisponde l'assenza del fine, perciò l'ansia di conseguire ciò che è inattingibile (ma lo faccio) al soggetto impone di fare alcunché perché si completi la perdita, perché il soggetto perda se stesso ad ogni appartenenza.


7.1

Cosmopoliti senza cosmo né polis.

Che le città rinascano con poteri autonomi, autocefali, dalla transizione degli Stati-Nazione ad entità più vaste, può essere messo in un conto che prevede la ridistribuzione del concetto di città a quello di giardino cintato per i ceti proprietari. Il resto è più oscuro.














Saluto alla critica del tempo

 

 

 

Ogni volta che non darete all'uomo il mezzo necessario

per buttare fuori quella quantità di dispotismo

che la natura mette nel fondo del suo cuore,

egli per esercitarlo si sfogherà su quanto lo circonda

e disturberà il governo.

D.A.F. de Sade

 

 

 

 

A introdurre l'apologia sarà:

Il bardo delle divinità feroci in cui dominano sgomento e angoscia.


Riconoscere la verità adesso è più difficile perché la mente, incapace di controllo, è preda di una paurosa vertigine. Ma se anche per un solo istante il gioco dell'illusione sarà svelato, immediatamente il morto si libera, perché nel terrore la mente non si distrae ma resta vigile e concentrata. Se in quest'attimo non si ascoltano le istruzioni, anche il più sconfinato oceano di occulta sapienza sarà inutile.

Libro tibetano dei morti, Settimo giorno, Visione delle divinità feroci.

 

Nessuna verità in cambio per qualcosa di meno di quegli insulti che ne pareggino le sproprorzioni. In questa esitazione non si potrebbe iniziare un qualsiasi panegirico: è necessario, per introdurre l'argomento, in primo luogo esaminare ciò che non si ignora che avrà un peso determinante e decisivo, e allo stesso tempo fare comprendere che quella stessa dimensione lo aveva già avuto ed era stata sottovalutata o semplicemente ignorata. D'altronde non è scevro di pericoli riferire tutte le cause di ciò che si prepara ad accadere: non un'altra nuova confutazione del tempo, ma il nuovo tempo della confutazione di tutto ciò che potrebbe opporglisi.

 

Potrebbe essere opportuno nel proseguo dei tempi tacere i misfatti; ai quali si addice rimanere sconosciuti per non giungere alle orecchie degli imitatori, ma a spingermi a scrivere queste note è la considerazione che per i tiranni del futuro sarà chiara la possibilità di essere impuniti per le loro malefatte.

 

Senza ricorrere all'ovvio il tempo non si farà vedere mai in questa pagina.

Ottuso e muto è il tempo e chi ne parla, ancora mentre ne parla, è sottomesso al suo passaggio ostinato.

Curioso e furioso il passaggio, lo scorrere di cui è intriso - come di sangue.

Nessuna direzione è definita o delimitata. Distrazione e distruzione.

 

La vera questione, proprio perché sfugge all'essere falso, alla coniugazione univoca di tutto il resto, è la critica del tempo.

Non era il denaro o il cielo, i padroni e i generali, lo spettacolo o la religione, l'obiettivo delle insurrezioni del proletariato, ma il tempo e la sua sospensione.

Nella rivolta matura la sosta del tempo. Un attimo o quanto di più è possibile, umano o disumano che sia, il tempo doveva essere fermato.

 

Che farsene del tempo che ci rimane?

Che farne mentre lo spendiamo, letteralmente merce unitaria?

Che cosa crediamo di fare mentre ad esso ci opponiamo senza sapere niente del nostro nemico?

 

Beat! come il poliziotto in una poesia americana, e le lancette degli orologi finalmente si fermavano o giravano stoltamente, oppure la progressione dei numeri si bloccava.

Dovevano passare diversi anni prima che potessi sapere che a Parigi, cento anni prima, avevano tirato agli orologi pubblici. Sicuramente con le stesse intenzioni.

 

Gli uomini d'oggi, testimoni assai bene informati dei fatti in questione, saranno per il tempo avvenire garanzia bastevole della mia affidabilità. Oppure della mia inaffidabilità, che chiunque potrebbe provare inventandola, o del fatto certo quanto insignificante che, essendo del tutto sconosciuto, nessuno potrebbe vantare testimonianza di alcunché.

 

Con il tempo ci affligge un destino, o un fato. Senza il tempo e neppure l'eternità, che è la sua ossessione, o la sua infinita perversione, saremmo liberi da quell'unica libertà che ci è concessa a prezzo scontato.

 

La prima qualità del tempo è la sua furia. Il tempo atmosferico è la metafora di quello economico.

 

Se parlo del tempo e critico il tempo è soltanto perché ho letto qualcosa di Leopardi e delle sue Operette morali. Non era la Natura il nemico di Leopardi, ma il tempo, e la Natura nascondeva il suo volto opportunista.

 

L'attimo di quiete al cuore del tempo sono state l'obiettivo delle rivoluzioni, ma questa possibilità si cela ancora davanti a noi sotto le sembianze mutevoli evocate dalle catastrofi che l'epoca non finisce di suscitare.

 

Ma nessuna catastrofe comprende l'interruzione della storia. Le catastrofi attengono al compimento di una dinamica, dentro il tempo della storia.

 

La falsità è intrinseca ad ogni aspetto di quest'epoca, unitaria quant'altro mai.

 

Il tempo intanto ci divora e noi siamo il suo consumo, la sua merce.

 

Il tempo non sarà socializzato ma federato, scriveva Debord, in un testo che in questo passo si allea ai testi dei mistici.

 

Non potremo abolirlo ma solo sprecarlo, il tempo. Questa è la sentenza e il testamento di Villon, di Manrique o di Khayyam.

 

Non per niente la bottiglia è la metafora, preferita dai poeti, del tempo. Non la bottiglia solitaria, ma le bottiglie vuote che si allineano sui tavoli delle osterie. E le osterie richiamano i marosi e infine gli oceani. Il tempo riprende la sua estensione, e da questo varco i suoi artigli ci catturano di nuovo, quando si esaurisce l'ebbrezza.

 

Ma il tempo consuma le illusioni, sebbene le illusioni affrettino il consumo del tempo perché il tempo si materializzi nello sguardo che la merce fissa e la mano che consegna la carta di credito.

 

Eppure non smetteremo di cercare le strade silenziose che portino altrove, e di nuovo, ancora il tempo non redime nessuno, saremo indirizzati alle strade luminose e brillanti di sempre, che già tutti conoscono come il segno, il marchio dozzinale della mistificazione.

 

Nel canto delle sirene l'impiego abituale del tempo riconosce la sua canzone.

 

Quando mi ritrovo fuori dal vortice infernale che tutti trascina, è soltanto per caso? Non mi è concesso che uno sguardo di fuori.

 

Di nuovo sarò ghermito dal tempo. Eppure si sogna l'eternità, senza riconoscere in essa l'aspetto maligno, il sorriso orribile del tempo, il manichino di nome Olimpia del racconto di Hoffmann.

 

Il tempo è il fuoco, l'incendio che avvolge la notte, la rivolta è un falò in cui si dissolve il fuoco.

 

Si leggeva sulle meridiane che se tutte le ore feriscono l'ultima uccide, eppure l'ultimo uomo non vuole essere ucciso, ma che sulla sua ombra si prolunghi indefinitamente la sofferenza, cioè la sua colpa irredimibile. Kafka scriveva che l'inferno è l'eternità.

 

Le allucinazioni non redimono dal tempo ma osservano, fuori dalla sua portata, le sue sviste, lo strabismo e la doppiezza dell'osservato.

 

La macchina fotografica, per un attimo, è sembrata vincere il tempo, talvolta per rare inquadrature, inchiodando la sua fuggevole ombra, ma le telecamere hanno ridato al tempo le sue illusorie dimensioni e in più la noia del suo doppio.

 

Pure in questo campo Debord ha condotto alle estreme conseguenze la critica del tempo filmico. Eppure si trattava di una critica alla portata di tutti (e di nessuno).

 

Quest'epoca è bulimica e mantiene le stesse abitudini rispetto ai rimorsi, secondo la regola del mai nessun rimpianto. I rimorsi dunque seguono il rapido tragitto del cibo.

 

La rapidità del tempo cresce a misura in cui diminuisce del suo peso.

Il tempo conosce un'impasse prevista dalla sua saturazione.

I problemi che essa causa, a livello macroeconomico, saranno ingigantiti dalla difficoltà a porvi un rimedio duraturo.

La catastrofe chiama il tempo a realizzarvi la liberazione dalla sua ansia, o a sognarla almeno. In questo giro si materializza la diagnosi.

Che tutto rientri nello spettacolo, e finché sarà possibile anche ciò che lo eccede, anche la dismisura che lo spettacolo commenta fuori campo.

 

Per il gusto dell'imparzialità ci si applica equamente nei confronti di entrambi i campi semantici della parola tempo in italiano. Infatti dare lo stesso destino ad orologi e ombrelli, quasi con la stessa soddisfazione... Altrove non sarebbe possibile.

 

Certe persone, non dotate di una particolare perspicacia, vedendo due uomini che non conoscono, tutti e due con i baffi neri o del tutto rasati, dicono che sono due uomini, l'uno di una ventina, l'altro di una quarantina di anni. Certo, in tale valutazione ci si sbaglia spesso, ma il fatto che la si sia creduta possibile significa che si è concepita l'età come qualcosa di misurabile. Nel secondo uomo dai baffi neri, si sono aggiunti effettivamente venti anni di più. Proust - Il tempo ritrovato.

 

Il tempo sgomenta meno di ciò che il denaro può comprare; ma di questo non ci è concesso di non soffrire. Quante morti successive in un solo essere umano, dice Proust, e quante vertigini dà il tempo, sotto di noi! Quante morti sepolte e quanto poco lievemente il tempo segnerà quelli che saranno abbastanza ricchi da sfidarlo; perché si finisce con il rassomigliare a ciò da cui si viene riconosciuti.

 

Il tempo interiore non è più del battito del cuore.

Un suonatore.

Non sono nato per suonare le percussioni, e non ho mai scoperto di essere diventato ciò che non ho avuto l'ambizione di essere, non essendo altro, pure adesso che scrivo, mentre scrivo.

 

Il cappio della necessità cinge i numeri. Non saremo mai abbastanza arrendevoli per le cifre e per lo zero, dicono i tecnocrati, i militari, gli economisti, gli esperti di statistica, ma soltanto al contrario, il loro argot illumina lo spirito del tempo.

 

Il tempo è la furia, dunque spesso gli è indifferente l'accumulazione o la distruzione.

Le luci delle nostre notti offuscano il cielo, quando è sgombro. I rimedi saranno tardivi o non saranno, ma il silenzio è svanito.

 

Ogni tanto si aprono delle voragini, dove prima si stendeva uniforme lo scorrere del tempo, e lì si inabissa, e finché si colmino i varchi, improvvisamente dilatati, il tempo laggiù si sfinisce, e si esaurisce per un po'.

 

La critica della vita quotidiana: quanto appare limitata la sua prospettiva di fronte alla critica del tempo! Non sono più i tempi morti che sono considerati il problema da risolvere, ma il tempo stesso, e il peso della sua lentezza che l'epoca gli ha sollevato dalle spalle.

 

Rimbaud sosteneva, per il piacere giovanile della sfida, che la scienza era troppo lenta!

 

Il concetto di vita quotidiana si concentra su certi aspetti di lunga durata, e ripetuti, normali, meccanici, ma la vita ci ha distolto da essi, per venderci il suo sostituto: la vita corrente. Ed essa corre su di noi.

 

Noi siamo della stessa sostanza del tempo. Abbiamo paura che il tempo si distenda. Lo spezziamo perché spezzi le nostre ansie. Ma esse rinascono più forti perché le tesse il filo del tempo.

 

Conosco un modo per distogliermi dal battito delle sue ali, perché mi lasci in pace. E lo conoscono tutti; ed è caldo e umido come le caverne del mito che analogicamente richiamano. Allo stesso tempo è la fonte originaria del tempo.

 

Non possiamo sfuggire al tempo, ma ad esso dobbiamo sottrarci. La differenza del tempo è la sua critica.

 

Certo, quella stessa alterazione esteriori nei volti che avevo conosciuto, era solo il simbolo di un mutamento esteriore compiutosi giorno dopo giorno; forse quelle persone avevano continuato a fare le stesse cose, ma poiché, giorno dopo giorno, l'idea che si formavano di sé, e degli esseri che frequentavano, si era in parte deviata, nel giro di pochi anni, sotto gli stessi nomi, essi amavano altre cose, altre persone, ed essendo divenuti loro stessi altre persone, sarebbe stato sorprendente se non avessero avuto nuovi volti. Proust - Il tempo ritrovato.

 

Il messianismo dei rivoluzionari, quando finisce per conoscersi, e non accade sovente, scopre che il suo obiettivo era giungere attraverso una strada tortuosa a possedere di nuovo, piena e illimitata, l'epoca che reintegri la propria regressione, maturare verso l'infanzia.

 

Non esiste, né ci sarà, un tempo liberato, secondo il modello la vita contro la morte; ma il tempo libero vorrà occupare tutti. La sua utopia non concede scampo, neppure a chi pare escluso dal consumo, perché richiede che tutti partecipino secondo le loro possibilità.

 

I sistemi complessi degenerano nel momento in cui parcellizzano il tempo per razionalizzare l'operato dei suoi addetti e dei suoi clienti; la dismisura delle possibilità che si offrono ai consumatori si commisura alla povertà del tempo a disposizione, e alla coscienza povera che lo imbastisce.

 

La miseria a lato del tempo è inseparabile dalla ricchezza materiale di cui è il prodotto.

 

Se i consigli operai si impadronissero dell'universo, per sfruttarlo a loro piacimento, che ne sarebbe del tempo?

 

Il tempo va liberato come noi ce ne dobbiamo liberare, perché siamo fatti della materia del tempo e il tempo ci ha costruiti a sua immagine.

Non sarà la fretta non sarà la pazienza, non sarà la creatività e non sarà l'ostinazione a permettere questo e quello. La tela del tempo va disfatta a partire dalle sue metafore e dalle sue analogie. Noi stessi siamo la sua allegoria; la sua figura sarebbe la sua critica, se vi fosse compresa una semilibertà.

 

Questo tempo presente ha eletto come suo patrono un concetto della storia per cui esso primeggia. Chi direbbe che è strano? Esso incita la manifestazione di forme sempre più rozze di nuovi culti della soppressione mistificata del tempo.

 

La critica del tempo è un'espressione reticente, al contrario della sua soppressione mistificata a cui non mancheranno le fanfare dei media.

 

La partita decisiva delle prossime generazioni non si giocherà più soltanto sulle modalità di utilizzo del tempo, ma sulla natura di esso; la socializzabilità del tempo verrà messa in discussione, la proprietà privata svilupperà nuovi domini sulla base di nuove partizioni del tempo, di una tecnologia dell'istante, e di nuovi campi di impresa sulle sue virtualità e sulla loro esperibilità.

 

Con quell'andare di male in peggio, essi pure finirono con l'apparire moderatissimi, tanto inferiori erano i loro delitti rispetto all'impunità che avevano garantita! Procopio - Storie segrete .

 

L'ingegneria genetica potrebbe donare alla disusata nozione di proletariato un ulteriore significato e riaccreditargli una vecchia prospettiva. Il tempo furioso della tecnica corre verso la sua abolizione. Le aspirazioni della critica non potranno diventare altro che il progetto dell'epoca, una volta che esse siano state dissolte.

 

La teoria si vede rinviata all'obliquo, all'opaco, all'indeterminato, che, come tale, ha senza dubbio qualcosa di anacronistico, ma non si esaurisce nell'invecchiato, perché ha giocato un tiro alla dinamica storica. Adorno, Minima moralia, Eredità.





Nella direzione opposta

Der Keller di Thomas Bernhard


 

 

Der Keller, La cantina, è sottotitolata Eine Entziehung - Una via di scampo recita la traduzione in italiano, una ritirata, il riuscire a sottrarsi.

L'inizio è netto come la decisione che descrive.

 

Gli altri esseri umani li trovai nella direzione opposta, in quanto non andai più all'odiato ginnasio, ma, ciò fu la mia salvezza, a fare l'apprendista, cioè al mattino presto, contro ogni ragionevolezza, non andai più con il figlio del consigliere governativo ...

 

Quindi il protagonista, l'io narrante, per andare là dove stava decidendo doveva passare davanti all'Istituto dei ciechi e a quello dei sordomuti, che chiudono la città normale, metaforicamente, e poi nella terra di nessuno, sopra il terrapieno della ferrovia e attraverso i giardini al margine della città e accanto alle staccionate del campo sportivo vicino, ora siamo al di là della città, infine, al manicomio di Lehen per andare all'Alta Scuola dei reietti e dei poveri, all'Alta Scuola dei pazzi e di quelli che sono dichiarati pazzi, nel quartiere di Scherzhauserfeld, in quello che è per antonomasia il quartiere degli orrori della città ...

 

La procedura della mia assunzione nel negozio (di generi alimentari, di Karl Podlaha) non sarebbe potuta essere più breve.

 

Ciò che il protagonista vuole è lavorare in modo utile per la gente.

 

All'improvviso sentii dentro di me: la mia esistenza è di nuovo un'esistenza utile. Ero scampato a un incubo.

 

L'impiegata all'ufficio di collocamento per un bel po' non gli fornisce gli indirizzi giusti, lui voleva andare nella direzione opposta.

 

L'apatia dei parenti alla sua decisione gli fa capire quanto era stato abbandonato a se stesso, e fino a che punto era stato lasciato solo.

 

Lui dice: Io non avevo la minima idea riguardo al mio futuro, non sapevo che cosa volevo diventare, non volevo diventare niente, mi ero semplicemente reso utile.

 

La cantina, adibita a negozio di generi alimentari, rappresentava, per molte persone, per molte donne, l'unica, estrema salvezza da un ambiente casalingo spaventoso e da un quartiere micidiale, non una locanda non un caffè, ma soltanto edifici al fine di distruggere e compromettere coloro che vi abitavano, per la monotonia e la laidezza, infatti l'imbarazzo con cui scendevano era una prova della loro innocenza.

 

Il tempo passato nella cantina fu fin dal primo momento un tempo prezioso, non un tempo infinitamente disperato che si trascinava senza posa e senza senso nella mia testa uccidendo i miei nervi a poco a poco ... la martellante inutilità del tempo vuoto.

 

Tutto ad un tratto, qui, io esistevo intensamente, naturalmente, utilmente.

 

Quello che importa è se vogliamo mentire o se vogliamo dire e scrivere la verità, che pure non pu� mai essere e in effetti non è mai la verità. Per tutta la vita ho sempre voluto dire la verità, anche se ora so che erano menzogne. Alla fine fine quello che importa è soltanto il contenuto di verità della menzogna.

 

I sabati sono nel mondo i veri assassini degli esseri umani, e le domeniche fanno intendere questa realtà in modo assolutamente insopportabile, mentre i lunedì rinviano la scontentezza e l'infelicità alla fine della settimana, al sabato successivo, al prossimo peggioramento dello stato mentale di tutti.

 

Io cercavo il cambiamento, l'ignoto, forse anche l'eccitazione e l'inquietante, e tutto ciò l'ho trovato nel quartiere di Scherzhauserfeld. Non sono entrato con compassione nel quartiere di Scherzhauserfeld, ho sempre odiato la compassione e, più profondamente che mai, l'autocompassione. Non mi sono mai permesso di avere compassione e ho agito solo per motivi di sopravvivenza.

 

La mia caratteristica peculiare è oggi l'indifferenza e la consapevolezza della equivalenza di tutto ciò che è stato, è e sarà. Non ci sono alti valori, né valori più elevati, né valori supremi, tutto questo è liquidato. Due tempi narrativi si mescolano e stridono, ora e quella volta, allora hai pensato e ancora ci hai fatto credere di essere stato lasciato solo e hai detto di non provare, e forse non aver provato nessuna autocompassione, hai detto che i tuoi parenti ti avevano lasciato solo e ora ostenti la tua piena indifferenza verso tutto come consapevolezza ...

Ovvio dunque ciò che il narratore vuole significare: ogni dichiarazione non generica di indifferenza è stata preceduta dalla quantità di sofferenza necessaria perché fosse concepita come sintesi. Necessaria perché sia semplicemente concepibile come fondamento di una comunità.

 

Gli uomini sono quel che sono e non si possono cambiare, proprio come le cose che gli uomini hanno fatto, fanno e faranno.

 

Ma in definitiva tutto è lo stesso. Si scoprono le carte, un poco alla volta. L'idea era quella di rintracciare l'esistenza, la propria non meno delle altre.

 

L'essenza della natura è che tutto sia lo stesso. Salve e Tutto è lo stesso; io sento di continuo le sue parole (l'uomo con il martello pneumatico, del quartiere di Scherzhauserfeld), che sono parole sue malgrado le sue parole siano le mie e io stesso abbia detto molte volte salve e tutto è lo stesso. Comunque andava detto in quel momento. Io l'avevo già dimenticato.

 

Il percorso è circolare, la direzione opposta ci riporta comunque dove saremmo arrivati, ma la direzione dalla quale arriviamo al punto comune, che non è la meta, è un'altra. Questa è l'uscita di sicurezza, la strada della salvezza, la via di scampo. Decidere ciò che è determinato, in altro modo, purché ci riporti, dove siamo destinati, più leggeri della coscienza.









Nota a conclusione della raccolta


 

Ma se attingo a questo piacere con tanta prudenza

e circospezione, non sarà più un piacere per me.

Lope de Vega

 

Tutto ciò che racconto, l'ho visto; e se mi son potuto ingannare

vedendolo, certo non v'inganno raccontandovelo.

Da una lettera a Stendhal

 

Il traditore dell'ideologia salva ciò che di essa

non si può fare assolutamente a meno:

il fallimento - da cui è preventivamente riscattata.




Una raccolta raccoglie un materiale disuguale se non semplicemente eterogeneo, ma in questo caso ciò è vero solo in parte; quanto si è riunito, se è disuguale, talvolta risulta espresso a un livello superiore alle capacità dimostrate dallo scrivente, in genere. Ciò è imperdonabile, come ogni furto intellettuale, per quanto sia allo stesso modo la cosa più frequente sulla terra. L'intento a cui è subordinata questa collezione non è stato quello di fornire degli elementi per superare le presenti impasses della teoria, o di rimpiazzarne le insormontabili presunzioni, ma di farla arretrare di fronte alle sue responsabilità - che indietreggi, come aveva scritto Benjamin in una nota famosissima, per quanto mal compresa, finché non ricordi i suoi debiti non meno che il suo onore (sarebbe bastato rileggere La marchesa von O. di H. von Kleist).

 





















Il sublime è divenuto normale



In fondo sedurre è il suo mestiere, non pensa ad altro da più di quindici anni ... Non si può dire che manchi d'intelligenza: è fine ed astuto. L'entusiasmo e la poesia non sono compatibili con un simile carattere - Stendhal, Il rosso e il nero.

 


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