Jean-François Martos
Piccola
raccolta differenziata nelle pattumiere della storia
Traduzione a cura di Omar Wisyam (Claudio D'Ettorre)
Un libro anonimo intitolato Rapporto veridico sulle ultime necessità di preservare e d'estendere il dominio americano sul mondo è apparso il 18 aprile 2003. Il sottotitolo ne precisa l'idea centrale: Del terrorismo e dello Stato nel loro contesto generale o di come sia a Washington la genesi operativa degli attentati dell'11 settembre 2001 e di tutti quelli che sono seguiti, nel quadro del tentativo di appropriazione delle risorse petrolifere mondiali ed in primo luogo irachene. Allo stesso modo, il contenuto non manca di riprendere, apparentemente, le analisi di Guy Debord e Gianfranco Sanguinetti, attualizzandole in qualche modo a proposito degli attentati dell'11 settembre 2001. Che sia un'impresa lodevole destinata, a prima vista, ad illuminare il lettore radicale convinto su alcuni aspetti della questione che gli sarebbero sfuggiti? Subito tuttavia si sente che qualcosa stona, e non si tratta soltanto di qualche mancanza di talento nell'impiego dei concetti critici inseriti meccanicamente (un software ad hoc, quasi ad ogni paragrafo, persuade il lettore che l'inversione del genitivo è inevitabilmente il genitivo dell'inversione): qualsiasi verità non potrebbe essere detta e ripetuta, anche se maldestramente? No, si tratta piuttosto di dichiarazioni sorprendenti e sempre più sinistramente marcate, che cito alla rinfusa:
"Israele e l'America sono le due basi
strategiche interattive (...) dell'organizzazione del dominio della
merce" (p. 21)
"Il Kuwait (...) era effettivamente e
storicamente parte integrante del campo geostrategico iracheno da
secoli" (p. 30)
"Bosniaci e Croati (...) sparavano
regolarmente sulla loro popolazione per poter, in seguito, accusare i
serbi (...) i massacri reali e ripetuti di civili serbi furono
metodicamente occultati mentre una radicale pulizia etnica svuotava
progressivamente regioni intere di ogni presenza serba proprio dove
quest'ultima era stata presente da secoli" (p. 32)
"La
vittoria del 1945 (è l'impero americano che lo afferma) ci ha
dato i mezzi per controllare completamente i processi storici che
formano l'economia politica del pianeta poiché asservendo la
Germania ed il Giappone nel cuore stesso della loro anima culturale,
potemmo rendere planetaria la politica della nostra economia"
(p. 36)
"Abbiamo assorbito gradualmente il vecchio impero
britannico ed abbiamo sfasciato ovunque quello francese per
sostituirvici" (p. 44)
"Se un operaio europeo, cosciente
dei suoi interessi di classe e della sua appartenenza culturale, ha
ancora la capacità di ribellarsi per dire USA
Go Home e rifiutare l'immigrazione massiccia che
organizziamo deliberatamente verso l'Europa per ridurre il costo del
lavoro ed afro-americanizzarla, lo spettatore che noi stiamo
costruendo grazie all'Europa americana di Bruxelles accetterà
immediatamente tutte le lobotomizzazioni del nostro spettacolo
esattamente come il villaggio mondiale della grande ibridazione
obbligatoria lo dominerà narcoticamente secondo la religione
del modo di vita multiculturale americano" (p. 48)
Visto il
suo invecchiamento continuo, spettacolarmente sistematizzato
dall'industria della contraccezione e dell'aborto che lo ha
metodicamente stabilito, la popolazione europea dovrà, per
mantenere i suoi equilibri tra lavoratori attivi e pensionati,
accogliere entro il 2025, 159 milioni di nuovi immigrati" (p.
49)
"Esiste il mito terroristico, ma ce ne sono ben altri
come per esempio il mito del buco d'ozono
(...) "è lo stesso delle campagne contro il nucleare
francese che corrispondono alla necessità imperiosa per
l'impero americano di distruggere una tecnologia d'avanguardia
detenuta da un avversario commerciale (...) chi avrebbe, nel mondo
mediatico del diktat totalitario, la pertinenza anti-mediatica e
l'interesse professionale suicida di andare a cercare l'esatta natura
profonda dei legami esistenti tra le società petrolifere
americane e le diverse tendenze ecologiste esistenti nel mondo? "(p.
93-94)"
Lo si comprende facilmente: questi combattenti
coscienti della causa identitaria culturale e sociale
(p. 103) sono soltanto l'ultimo avatar
faurissoniano dell'operazione revisionista iniziata alla fine degli
anni settanta intorno alla rivista La guerre
sociale. E si tratta grosso modo delle stesse
persone.
Lo scopo di questa prosa irresistibile, che avanza come
un panzer maldestro, è soprattutto quello di screditare ogni
vera critica a proposito degli attentati dell'11 settembre 2001; ed
inoltre di tentare di sedurre alcuni ingenui della tendenza detta
radicale. Il metodo è
sempre lo stesso: tentare di far passare le idee più
reazionarie mescolandole alla critica sociale più estrema di
un'epoca.
Per il successo di questa manovra si vorrebbe che i
piccoli clowns dello
spettacolo critico alternativo arrivino presto a denunciare questo
complottismo nazional-situazionista come la logica conseguenza delle
idee contorte di Guy Debord.
Ma chi prende sul serio questa
gente?
29 aprile 2003
Traduzione a cura di Omar Wisyam (Claudio D'Ettorre)
Opere incomplete
di
Omar Wisyam
(Claudio D'Ettorre)
http://www.oocities.org/omar_wisyam/index.html