LE GIORNATE DI SEATTLE

 

 

Da una lettera a “Liberazione” di Sara Fernabaio

                                                                                                                            

Arrivo a Seattle dopo un viaggio infinito, oltre 19 ore tra voli e attese. Tutto si annuncia speciale, in questa città sulla costa del Pacifico. Gi‡ sull'aereo, guardandosi intorno si riconoscono facce familiari, "alternative", attivisti arrivati da ogni parte del mondo per protestare contro l'Organizzazione Mondiale del Commercio e la liberalizzazione selvaggia. La città brulica di queste facce, di tutti i colori. Sono ospite di una famiglia che ha messo a disposizione la propria casa gratuitamente, per partecipare in qualche modo all'evento che far‡ di Seattle il centro del mondo per qualche giorno. i accolgono con grande calore: sono due anziani signori, Lyle e Barbara Mercer.

Sulla porta principale della loro casa di legno in un quartiere "middle class" spiccano adesivi contro tutto: contro la guerra, contro gli embarghi, contro l'inquinamento, contro il razzismo. In pratica, contro quell'America dove, forse un po' a disagio, si trovano a vivere. Lyle ha fatto la guerra, nel '44 era in Italia e ci Ë tornato più volte con Barbara. L'ultima nel 1988, di ritorno da un tour nell'Europa dell'Est, organizzato dal Partito socialista. Mi racconta di quanto sia difficile essere socialisti negli Stati Uniti, dove la politica Ë schiacciata da interessi difesi indistintamente da repubblicani e democratici (non sembra di essere in Italia?).Mi chiede curioso come vanno le cose per i comunisti in Italia. Mi guarda un po' deluso quando rispondo che attualmente sono tre i partiti che derivano dal Pci. Mi chiede dei Ds, ed io non so bene cosa rispondergli, quasi mi dispiace raccontargli dell'ultima "abiura" di Veltroni.

E allora gli parlo di quello che un po' ovunque sta succedendo su questa storia dell'Omc e lui si rianima. Scopro che sa tutto sui contro-vertici, cui peraltro intende partecipare. Mi ha persino prenotato il posto sull'autobus che dal quartiere porterà alla manifestazione del 30, organizzato dal sindacato dei metalmeccanici. Mi mostra anche l'invito che si Ë procurato per me: si tratta del ricevimento per la delegazione cubana, cui forse parteciperà Fidel Castro. Non riesco a crederci.

Lyle Ë felice di essere parte di questa rinnovata mobilitazione, cui ha voluto a tutti i costi dare un contributo, mettendo a disposizione la sua casa per ben 5 ospiti da tre paesi diversi. Ma si chiede, esattamente come me, come mai tutti coloro che si oppongono al liberismo e all'Omc non riescono a pronunciare la parola "capitale", perché non si definiscono ó come sarebbe naturale ó socialisti, perché si organizzano in lobby separate. Ambientalisti, pacifisti, femministe, difensori delle minoranze. Tutti rigorosamente divisi. Ma forse qualcosa ora cambierà, sulla base di un minimo comune denominatore: la protesta contro la liberalizzazione senza limiti dell'Omc.

Illusioni? Più darsi, ma chissà, forse davvero qualcosa sta cambiando, anche negli Usa. Non credo sia cosa di tutti i giorni, neanche nella città più "alternativa" degli Usa, passeggiare nel centro di Seattle, entrare nel mercato coperto situato sul lungomare e assistere ad una vera ressa. Applausi, grida, flash e una calca di persone. Mi avvicino pensando si tratti di qualche star hollywoodiana e invece riconosco JosË BovË, leader dei contadini francesi. Vorrà dire qualcosa? Staremo a vedere nei prossimi giorni.

Idea che vince non si cambia. Diventato famoso per aver assaltato un McDonald's in Francia, BovÈ ha riproposto la cosa a Seattle, con l'adesione di tutta Via Campesina. Ed Ë stato un successo, grazie anche alla presenza di altre centinaia di attivisti che in questi giorni migrano da un controvertice all'altro, qui a Seattle. Anche in questa occasione Ë stato molto significativo assistere alla comunanza di slogan tra persone e organizzazioni tanto diverse tra loro. Americani, indiani, europei, ambientalisti, agricoltori, animalisti, pacifisti, tutti insieme contro il cibo geneticamente modificato, contro la carne agli ormoni di McDonald, contro I prezzi da fame pagati agli agricoltori. Oltre un migliaio di persone per un cibo sano, per il diritto a produrre per il proprio paese, per un commercio equo. Lo slogan che va per la maggiore qui, oltre a "Shut down Wto" (Chiudete l'Omc) Ë sicuramente "They say free trade, We say fair trade" (Loro dicono libero commercio, Noi diciamo commercio equo). Decisamente "qualcosa si muove" in questi giorni. Alcuni amici ambientalisti americani hanno raccontato che tutto il mondo 'alternati ha riso per mesi quando si Ë saputo che l'Omc si sarebbe riunita a Seattle, la città più radicale e politicizzata degli Stati Uniti. Sembra proprio che gli aspiranti governanti globali abbiano commesso un grave errore. Quanto sarà decisivo dipender‡ dalle forme organizzative che la protesta di questi giorni riuscirà a darsi per il futuro. Seattle era una città tranquilla, almeno fino a quando l’Organizzazione Mondiale del Commercio ha deciso di dare inizio qui al suo terzo ciclo di negoziati per la liberalizzazione del commercio. Un grande errore strategico, a sentire gli organizzatori dei controvertici e delle varie manifestazioni pubbliche. La polizia di Seattle ha cominciato i preparativi per fronteggiare la settimana di proteste (28 novembre ó 3 dicembre) sin da quest’estate. Gli addestratori hanno rispolverato le tecniche e gli armamentari anti-sommossa, maschere antigas e manganelli inclusi. Tutto questo abbastanza in segreto. Ufficialmente, infatti, la polizia ha avuto un atteggiamento collaborativo, ha organizzato incontri con i principali organizzatori e rassicurato la cittadinanza. In realtà‡, secondo "The Stranger", un giornale cittadino distribuito gratuitamente, la polizia Ë molto preoccupata di quanto potrebbe succedere e le voci che girano tra i poliziotti sono estremamente preoccupanti. Si parla di attentati alla proprietà‡ privata, di guerra chimica, di terrorismo, Ë stato persino diffuso un falso comunicato dell’FBI che annunciava l’uccisione di almeno 5 poliziotti locali. "Pianificare l’insicurezza", insomma, una sorta di profezia che si autoavvera. Si presume, infatti, che tanta paranoia tra i poliziotti non potrà che rendere particolarmente aggressiva l’atmosfera, facilitando la degenerazione di proteste altrimenti molto "politically correct".

Líintera città sembra essere vittima di vere e proprie intimidazioni. La polizia ha incontrato le varie associazioni imprenditoriali e i comitati di quartiere per avvertirli dei possibili pericoli e dare loro istruzioni su come "blindare" i propri averi. Anche i senza casa sono stati "avvertiti", anche se con modalità molto diverse. Vari testimoni hanno infatti raccontato di vere e proprie retate notturne per cacciare i poveri dalla citt‡, onde evitare che i "signori" dell’Omc possano essere turbati dalla loro visione.

Nonostante tutto questo, l’atmosfera delle varie conferenze alternative Ë decisamente positiva, cosÏ come quella dei vari locali pubblici in centro. Girando per il mercato coperto, per esempio, Ë normale trovare sostenitori della mobilitazione contro l’Omc tra gli stessi negozianti e alcuni di loro saranno in strada il 30 novembre. A quanto pare, tra la gente normale prevale il buon senso e la solidarietà e questa sarà l’arma vincente.

La grande manifestazione del 30 novembre sembra aver colto totalmente impreparata la polizia di Seattle e i rinforzi che erano stati chiamati dai dintorni per l’occasione. Nonostante mesi di preparazione e di esercitazioni antisommossa, i disordini di martedì scorso hanno messo in evidenza l’incapacità‡ della polizia locale (ma anche delle autorità‡ federali) di prevedere cosa sarebbe realmente successo. Gli organizzatori della protesta, invece, erano molto meglio preparati. I "piani di assalto" sono stati accuratamente studiati nei mesi precedenti e messi in atto con successo, visto che hanno portato alla cancellazione forzata della cerimonia iniziale del vertice dellíOmc. I principali organizzatori della protesta, il Direct Action Network (Rete per l’Azione Diretta) avviano studiato piani ben precisi per raggiungere líobiettivo primario: impedire ai delegati di prendere parte alla cerimonia inaugurale. La polizia era pronta ad affrontarli dinanzi al Paramount Theatre, luogo della cerimonia, e intorno al Convention Centre, sede ufficiale degli incontri, ma non era pronta ad impedire quanto Ë successo. Invece di provare ad avvicinarsi a luoghi più protetti, gli attivisti hanno diviso l’intera area in 13 spicchi, si sono organizzati in micro squadre (5-15 persone) e hanno chiuso tutti gli accessi con catene umane e sit-in, impedendo di fatto ai delegati di uscire dai propri alberghi, dalle proprie auto o dai taxi. Questa strategia ha avuto successo per due motivi: primo, l’adesione alla protesta Ë stata maggiore del previsto. Gli organizzatori si aspettavano un migliaio o due al massimo di attivisti all’appuntamento del 7 del mattino del 30 novembre. Ne sono arrivati 10mila, cosa che ha reso più facile attuare i piani. Secondo, la polizia sembra aver grossolanamente sottovalutato l’entità‡ della protesta: hanno circondato il Paramount Theatre e il Convention Centre, ma si sono dimenticati di creare un corridoio di accesso per i delegati. Non solo, il numero di agenti impiegati era assolutamente inadeguato rispetto a quello dei manifestanti.

Ma viene spontaneo domandarsi come tutto questo Ë stato possibile, nel paese dove la sicurezza Ë una religione e dove i servizi sono ovunque. Viene anche spontaneo rispondersi che forse gli Usa hanno ravvisato una qualche utilità nella protesta. Persino i delegati si sono posti questo genere di interrogativi, perché davvero Ë sembrato tutto troppo prevedibile. Ma perché gli americani avrebbero avuto interesse a boicottare l’avvio del vertice dell’Omc? Eí noto che gli Usa vorrebbero un negoziato limitato a pochi temi, mentre gli europei chiedono un negoziato globale, che affronti quanti più temi possibile, in modo da "diluire" l’attenzione sulle questioni agricole, tallone d’Achille dell’Ue. Non solo, gli Usa stanno per entrare nel vivo della campagna elettorale e la maggior parte dei manifestanti sono elettori del Partito democratico. Potrebbe dunque essere possibile che si sia scelto di lasciar fare, per dimostrare l’apertura e la democraticità dell’attuale amministrazione. Questa teoria viene però indebolita dalle conseguenze dei disordini di martedì: il coprifuoco imposto dal sindaco di Seattle ha infatti permesso alla polizia di arrestare chiunque senza particolari motivi, il che si traduce nella schedatura di tutti i manifestanti più attivi. Che fosse anche questo uno degli obiettivi? Difficile rispondere, anche perché la violenza della polizia, che si Ë scatenata anche con chi non c’entrava niente con la protesta, sta provocando le ire dei difensori dei diritti civili, vera ossessione degli americani. La filiale locale della più importante associazione nazionale di avvocati per la difesa dei diritti civili (American Civil Liberties Union, Aclu), infatti, ha denunciato alla corte federale la Città‡ di Seattle per aver istituito illegalmente una "no-protest zone" che comprende tutto il centro di Seattle. Questo ha significato che per poter accedere al centro, chiunque non avesse un pass ufficiale dell’Omc era obbligato ad identificarsi e dare spiegazioni. Se "ben vestiti" bastava fornire dei buoni motivi, altrimenti si correva il rischio di essere arrestati, come Ë successo a molti passanti, inclusi alcuni giornalisti. Chi scrive ha personalmente verificato questa "procedura", anche se Ë bastato fare dei gran sorrisi e fingere di far parte della delegazione italiana per arrivare praticamente ovunque. Oltre alla violazione del diritto di manifestare liberamente le proprie idee (il famoso Primo Emendamento), l’Aclu accusa la Città di Seattle di impedire ai cittadini di svolgere le loro normali attività, come andare al lavoro, a teatro, al ristorante, ecc.. A questo si aggiunge il malumore dei negozianti, che denunciano di aver perso quasi 7 milioni di dollari al giorno in mancate vendite. Altre violazioni sono state denunciate riguardo ai diritti dei quasi 700 manifestanti arrestati. A molti di loro, infatti, per ore non Ë stato permesso né telefonare, no parlare con gli avvocati, che inutilmente avevano raggiunto il centro di detenzione provvisorio istituito per l’occasione.

L’ opinione che sembra prevalere Ë che la violenza della polizia dopo i disordini di martedì sia eccessiva e inutile, mentre avrebbe avuto più senso pianificare meglio la sicurezza ed evitare che ci fossero incidenti. Bisognerà vedere se la corte federale accetterà il ricorso o meno. Se non dovesse farlo, questo avrà sicuramente delle conseguenze negative sull’opinione pubblica, soprattutto in una città come Seattle, tradizionalmente molto attiva politicamente

La prima giornata non Ë nemmeno cominciata che gi‡ il WTO ha subito il primo affronto. Durante la notte gruppi di attivisti hanno scalato il palazzo ó pare che si siano preparati a lungo con appositi corsi di free-climbing ó e si sono introdotti proprio lÏ, nel ventre della balena. Il risultato Ë stato che la prima giornata ufficiale dedicata alla salute e all’ambiente, nella quale i delegati del WTO avrebbero dovuto incontrare le ONG accreditate, Ë cominciata con un ora e mezza di ritardo. La polizia ha dovuto perquisire il palazzo per avere la certezza che, oltre allo striscione, gli attivisti non avessero lasciato anche una bomba. CosÏ, mentre i poliziotti imbarazzati cercavano la bomba inesistente sotto gli occhi ironici dei giornalisti, i delegati e i rappresentanti delle Ong di mezzo mondo non nascondevano una certa soddisfazione. "Sembra di essere tornati trent’anni indietro" Ë scappato a Gianni Tamino, che insieme a Grazia Francescato costituiscono la delegazione dei verdi italiani. "Sono bravissimi" ha aggiunto lei "Ë stato uno smacco incredibile, considerando tutto il sistema di sicurezza che avevano messo insieme. Peccato che, in quanto a profondità di analisi, lascino un poí a desiderare". Bravi lo sono davvero se, durante la notte, avevano già dato prova di incredibile efficienza occupando un palazzo per trovare da dormire alle migliaia di attivisti che stanno giungendo da ogni parte del mondo. Azioni pulite, rapide e assolutamente non violente anche nei confronti della proprietà, i militanti anti WTO sanno bene che l’apparato repressivo schierato non aspetta altro che una scusa per intervenire.

La profondità d’analisi lascia a desiderare? Sarà, ma a noi non sembra proprio. La sensazione anzi Ë che una serie di questioni stiano andando a loro posto, come i pezzi di un gigantesco puzzle, trovando facili soluzioni, inquadrando precisi obiettivi e ricomponendo conflitti che si pensavano insuperabili, come quelli nazionali. A proposito di nazioni, le dichiarazioni stizzite di Mike Moore, direttore generale del WTO, non possono che suscitare líilarit‡ generale. "Protezionisti e razzisti. Questo Ë l’unico modo per definire chi si oppone alla globalizzazione. Gente che protegge solo gli interessi del proprio paese e della propria razza, e che vuole costringere il terzo mondo a restare nel sottosviluppo". Mister Moore forse dovrebbe dare un’occhiata fuori dalla finestra dello Sheraton, o magari accendere la televisione, costretta dagli eventi a dedicare un po’  di attenzione anche ai manifestanti. Quello che potrò vedere Ë un’incredibile mescolanza di razze e un’altrettanto incredibile convergenza di obiettivi sulle parole d’ordine più radicali.

 

Smell of movement

La sessione plenaria del tribunale internazionale per "Un commercio dal volto umano" si riunisce nella Chiesa Metodista della 5° strada, che Ë anche il centro nevralgico da cui partono le marce giornaliere, in attesa di quella generale, di domani, e che ospita molti dei militanti arrivati in citt‡ per líanti-round. Fa una certa impressione vedere insieme i berretti da baseball dei metalmeccanici e i cappelli da tartaruga degli ambientalisti seduti fianco a fianco. Ma fa ancora più impressione fa ascoltare l’eco degli applausi e delle urla che accompagnano gli interventi. Per parlare di salute e di ambiente sono arrivati deputati statunitensi e canadesi, alcuni parlamentari europei come Magda Aelvoet, ministro della Protezione dei consumi del Belgio, più vari rappresentanti di organizzazioni tipo Health Action International e Medicine sans Frontieres, che si occupano di salute nei paesi in via di sviluppo.

Le parole d’ordine, dicevamo, si sono fatte più radicali in appena ventiquattro ore. Se ieri si domandava un WTO dal volto umano oggi Zafar Mizra dell’Health Action International pakistano, chiede a gran voce l’accesso libero alle medicine essenziali: "Il WTO mira solamente a privatizzare le cure mediche anche i quei paesi che ancora possiedono un sistema sanitario. Tutto ciÚ Ë semplicemente inaccettabile". Nel mirino ci sono i famosi Trips, gli accordi sui diritti di proprietà intellettuale che questo WTO vorrebbe estendere a tutto il pianeta. "Mister Moore parla del WTO come della panacea di tutti i mali. Ma cosa ha conseguito il WTO in cinque anni? Il peggioramento delle condizioni di vita dei paesi poveri insieme a quello di larghi strati della popolazione dei paesi ricchi. Eí ora di dirlo a chiare lettere: il libero mercato senza freni minaccia direttamente la sopravvivenza degli esseri umani."

Le ovazioni si susseguono in un clima di euforia generale che lascia i giornalisti accreditati, fuggiti dalle noiose e rituali dissertazioni ufficiali, con gli occhi sgranati e il telefonino perennemente incollato alla testa. La ministra belga rincara la dose: "a nessuno può essere proibito di proteggere la vita e la salute dei propri cittadini e l’integrit‡ del proprio ambiente. Non possiamo venire a patti con questi banditi".

A pochi minuti da mezzogiorno i manifestanti stanno gi‡ tirando fuori i cartelli per sfilare fino al palazzo del WTO per la seconda manifestazione della giornata: la prima si Ë svolta alle nove, mentre i poliziotti cercavano la bomba, e l’ultima di oggi Ë fissata per il pomeriggio, quando una grande catena umana chiederà l’abolizione della pena di morte nel mondo. Ma l’intervento conclusivo incolla tutti alle panche di legno. Sarà perché Ë nera, sarà perché siamo in una chiesa, sarà perché Maxine Waters ci sa davvero fare con le folle, fatto sta che la deputata democratica fa quasi venire giù le vetrate decorate.

"Vedo facce che non vedevo da anni, unite su temi che da anni ci contrapponevano uno contro l’altro... Sento puzza di movimento nell’aria!" esordisce, e continua in un crescendo da predicatore: "il signor Moore accusa gli attivisti d avere dei preconcetti nei confronti dell’agenda del WTO. Ma quale agenda? I loro piani sono tenuti strettamente segreti, come si conviene a uníistituzione che nessuno ha eletto. Noi, che crediamo nella democrazia, abbiamo discusso pubblicamente la nostra agenda, e democraticamente, abbiamo deciso quali sono i nostri obiettivi. Noi crediamo in tutto ciÚ che abbiamo ottenuto per i lavoratori con anni di dure lotte, e non torneremo indietro. Noi crediamo nel rispetto dell’ambiente e nella forza dei piccoli coltivatori di tutto il mondo. Noi crediamo nella medicina per tutti, e in un mondo libero dalle multinazionali. Noi crediamo nella democrazia vera, fondata sui diritti. Noi crediamo nella possibilità di venire liberati dall’asbesto, dai pesticidi, dalla carne agli ormoni, dal cibo transgenico e dallo sfruttamento delle multinazionali e uccidono lavoratori e avvelenano i consumatori. Perciò, anche se sono in una chiesa, permettetemi di dirlo: Chiquita, Monsanto, Cargill: andate a farvi fottere!"

 

I seminari

Fra una coloratissima dimostrazione davanti a McDonalds e un danzatissimo sit-in davanti al WTO, gli attivisti trovano anche il modo di trascinarsi dentro l’ennesima chiesa ó attivissime in questi giorni ó e di approfondire le questioni, estremamente complicate, che stanno dietro agli slogan. SÏ perché "globalizzare la lotta" significa imparare come funziona il mondo della finanza, i trattati internazionali, i trabocchetti della scienza. Oggi, giornata dedicata all’ambiente e alla salute, i seminari si susseguono e si sovrappongono, tutti affollatissimi di gente attenta che pone domande pressanti e intelligenti, se non Ë crollata in un angolo a dormire.

I temi vanno dalla pesca, ai modi in cui i governi possono riprendere i mano il commercio, la salute e la tutela ambientale, e ai binari su cui viaggiano gli investimenti internazionali. Gli esperti delle varie Ong e associazioni del pianeta, come Third World Network, gli Amici della Terra, la Humane Society, la Societad Pervana de derecho ambiental, tanto per citarne alcune, si aggirano fra gli improvvisanti studenti come professori in un aula, per spiegare cosa si nasconde dietro gli accordi del WTO. Affollatissime le vere e proprie lezioni che si sono tenute sulle biotecnologie: accordi sui brevetti, salute pubblica, accesso alle medicine essenziali. La connessione fra accesso alle medicine e diritti di propriet‡ intellettuale Ë stato certamente l’aspetto più trattato quando si Ë parlato di brevetti, diversamente da quanto accade in Europa, dove il tema più sentito Ë certamente quello della sicurezza alimentare.

Sui diritti di proprietà  intellettuale il Millennium Round si era posto un preciso obiettivo: estendere le norme di brevettazione statunitensi a tutto il pianeta. Se questo progetto avrebbe conseguenze disastrose dal punto di vista agricolo ó basti pensare a cosa può significare per milioni di indiani dover pagare una royalty sul riso basmati, brevettato negli Usa ó dal punto di vista della salute farebbe di fatto saltare ogni politica sanitaria. Gli esperti di varie universit‡ del mondo hanno spiegato molto chiaramente quali sarebbero gli effetti di un’estensione degli accordi sui Trips. Il WTO arriva perfino a proibire a una nazione di affrontare un’epidemia producendo in proprio medicine brevettate da una multinazionale, cosa che invece gli Stati Uniti hanno fatto in passato, per esempio per la poliomelite.

Ma gli effetti perversi di questa politica si fanno gi‡ sentire nei paesi poveri. Di fatto i prezzi sono aumentati moltissimo nel Terzo mondo perchÈ l’applicazione dei Trips rende le medicine più economiche solo dove ci sono molte industrie farmaceutiche che si fanno concorrenza fra loro, ovvero negli Usa, mentre le fa aumentare in quei paesi che dipendono dall’estero, come dimostrano chiaramente alcuni recenti rapporti dell’OMS. Senza contare che la maggior parte dei paesi del mondo non ha i soldi per la ricerca e, anche quando cíË qualche spicciolo, come nel caso dell’Italia, il brevetto sulla scoperta finisce sempre nelle mani delle stesse tre o quattro transnazionali che hanno fior fiore di avvocati e i soldi per comprarsi anche il ricercatore, casomai non riuscissero a ottenere il brevetto.

Ma i seminari sono stati anche l’occasione per dare qualche buona notizia. Come quella sul Sud Africa, che Ë riuscito a bloccare la ritorsione prevista dal WTO, per avere osato stilare una politica dei prezzi sui farmaci anti-Aids. Le ritorsioni sono state rimandate a tempi migliori, quando le associazioni e l’opinione pubblica avranno abbassato la guardia. Un altro esempio che dimostra quanto i potenti della terra siano vulnerabili alla cattiva pubblicità e alla presa di coscienza della gente.

La città di Seattle somiglia sempre di più ad una zona di guerra, soprattutto dopo le 19, quando entra in vigore il coprifuoco imposto dal sindaco dopo gli scontri del 30 novembre. Il centro cittadino si svuota completamente, i negozi cominciano a chiudere gi‡ alle 17 e la polizia inscena caroselli per mostrare la sua potenza di mezzi. La protesta non sembra risentire molto di questa vera e propria occupazione militare e si susseguono i confronti ad ogni incrocio del centro. Solo ieri sera abbiamo assistito a 4 sit-in, tutti conclusi dalla polizia con lancio di lacrimogeni, manganellate e arresti (sono oltre 500, ormai).

Allo stesso tempo, continuano in tutte le sedi ufficiali e non ufficiali i vertici ed i controvertici. In questa città blindata apparentemente non Ë facile accedere alle sedi ufficiali senza un pass ufficiale del Wto. In realtà, ieri siamo risucite ad entrare pressoché ovunque: conferenze stampa ufficiali della Commissione europea, riunioni informali dei funzionari dei vari paesi, incontri della delegazione italiana presso l’ufficio dell’Ice a Seattle. La differenza tra "fuori" e "dentro" Ë incredibile. All’interno del palazzo dove ha sede l’Ice, in pieno centro, lo stesso palazzo dove la delegazione italiana Ë rimasta intrappolata per ore martedì scorso, l’atmosfera Ë rarefatta, ed Ë quasi patetico rilevare quanto siano tutti distanti - nonché terrorizzati - da quello che succede fuori. I delegati, compresi i parlamentari e i rappresentanti delle Ong presenti, sono vittime di una vera e propria sindrome da assedio e si inventano i trucchi più assurdi per passare inosservati quando sono costretti a scendere in strada. Salinari va addirittura in giro facendo finta di avere un auricolare e di parlare in un microfono nascosto, per sembrare uno dei servizi di sicurezza americani. LíOn. Pezzoni suda freddo all’idea che siano gi‡ le 19 e che tra poco dovrà attraversare il centro per tornare in albergo. Insomma, sembra proprio che la protesta stia facendo vacillare lequilibrio di molti qui.

Stamattina cíË stata la conferenza stampa di Fassino e De Castro, per illustrare gli ultimi sviluppi dei negoziati. Negoziati che si stanno svolgendo in pieno stile Wto: telefonate private per decidere posizioni al di fuori del mandato del Consiglio e del Parlamento europei, cene per definire gli emendamenti, colloqui nei corridoi, ecc., ecc. Questa Ë la dimostrazione più evidente di quanto sia "imperiale" la posizione di Fassino, quando sostiene che le negoziazioni sono importanti, necessarie, democratiche e garantiscono il controllo dei cittadini su dinamiche altrimenti dominio di pochi. In realtà, per Fassino Ë democratico ciÚ che gli permette di esserci, di giocare a fare il potente, di essere nella "stanza dei bottoni". Anche se questo serve per fare accordi del tutto al di fuori di qualsiasi mandato, italiano o europeo. Come Ë successo ieri sulla questione delle biotecnologie: Ë improvvisamente circolata la voce che sarebbe stato isituito un gruppo di lavoro per la definizione dei protocolli sugli organismi geneticamente modificati, con il pieno accordo dell’Ue. La delegazione italiana ha negato tutto fino al ridicolo, dato che circolava il testo dell’accordo con la firma dell’Italia. Stamattina l’accordo Ë saltato, perchÈ ormai era pubblico e gli europei si sono resi conto che non potevano scavalcare in modo cosÏ palese il mandato ufficiale. Questo Ë solo un esempio di quanto sta accadendo. Procedure del tutto normali all’interno di questo organismo che Fassimo continua a ritenere il baluardo della democrazia e la roccaforte del futuro. Quelli che non lo capiscono, come gli oltre centomila manifestanti di martedì, sono retrogradi e non hanno una visione a lungo termine. Una visione simile Ë quella espressa da De Castro, ministro dell’agricoltura, che ha attribuito la mobilitazione contro il Wto al "vuoto della politica" e alla "mancanza di ideali dei giovani di oggi". Anche lui Ë convinto che stiamo tutti sbagliando, perchÈ Ë meglio governarla la globalizzazione, attraverso il Wto. Poco importa se a decidere sono 5 o 6 paesi più forti, che impongono i loro interessi (o meglio quelli delle loro multinazionali) al resto del mondo.

Ma Fassino oggi era contento. Contento di aver contribuito a sollevare i destini dei paesi più poveri attraverso la costituzione di un ufficio di assistenza legale per l’implementazione degli accordi Gatt di Marrakesh (quelli che hanno dato vita allíOmc). Insieme ad altri 8 paesi, l’Italia Ë - con un milione di dollari - sponsor di questo ufficio, che Fassino considera fondamentale. Sar‡ infatti un supporto tecnico per "permettere" agli stati più poveri di attuare la liberalizzazione selvaggia richiesta dagli accordi del Gatt, per aprire ulteriormente le loro frontiere ai prodotti stranieri, e via dicendo. Tutto questo nella convinzione che i paesi poveri vadano aiutati ad entrare nel mercato globale con le regole stabilite dai più forti, in un processo di "coinvolgimento e di partecipazione positivi". In cambio, l’Ue lancia dei "segnali", piccole concessioni per comprare il loro consenso allo smantellamento definitivo di ogni autonomia di politica economica. E Fassino ha pure il consenso delle Ong. Si rivolge a Salinari, che pronto conferma che questo Ë un passo importante. Non una parola sulla morte annunciata della Convenzione di LomÈ che, pur con tutti i suoi limiti, costituisce un mezzo concreto di accesso al mercato per i paesi più poveri del mondo. La sua fine Ë stata voluta dagli Usa in nome del libero mercato a colpi di sanzioni imposte all’Europa dal Wto (la famosa "guerra delle banane"). Le organizzazioni non governative presenti (quel "non" suona sempre più stonato) stanno facendo benissimo il loro lavoro, quello per cui sono state invitate dal governo a far parte della delegazione ufficiale. Stanno garantendo "un volto umano" alla politica imperiale di Fassino, che tra l’altro Ë perfettamente in linea con Clinton. Anche il Presidente degli Stati Uniti ha detto ieri, nel suo discorso davanti ai ministri del commercio dei paesi membri del Wto, che bisogna dare ascolto alle ragioni di chi protesta, di chi vuole un diverso sviluppo, soprattutto per i paesi più poveri, ma anche e sempre di più per quelli più ricchi. Clinton ha auspicato che il Wto sia sempre più "aperto" e "democratico", che ascolti i cittadini e le loro richieste. Come? Semplice, basta invitare dei non ben identificati "rappresentanti" della protesta nel palazzo ed il gioco Ë fatto. Non c’è che dire, Fassino ha imparato bene come fare il suo mestiere.

 

 

 

 

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