PROTOCOL #32 - Tell me a story

Si guardò allo specchio. La sua immagine riflessa non mostrava nulla di nuovo, forse solo quel taglio sulle labbra che era quasi scomparso.

- Qualcosa di buono c’è dopo undici giorni passati qui dentro...- commentò ad alta voce.

Si sedette stancamente sul divano dell’appartamento vuoto in cui si era trovata, girovagando. Considerava decisamente di pessimo gusto i quadri alle pareti e l’arredamento generale, pensare che nella realtà di Matrix c’era gente che lo abitava davvero!

Chiuse gli occhi per un attimo quando udì dei passi nel corridoio. Curvò le labbra da un lato. Ecco di nuovo Smith che la stava cercando.

Infatti poco dopo l’Agente entrò, silenzioso. Beh almeno quella volta non le stava puntando la pistola in faccia, era una cosa buona. Senza fiatare le si sedette di fronte, su una poltrona nera dai braccioli più chiari. Il silenzio si frappose tra loro.

- Mi domando come tu faccia a trovarmi in uno spazio desolato così vasto.- commentò lei, rompendo la quiete.

- Nel silenzio più totale si odono anche i più piccoli rumori.- le rispose freddamente.

Lucyfer curvò il capo da un lato. Complimenti davvero, acuta osservazione.

- Credo che tu ti sia stancato di provare a rompere la barriera, o sbaglio?- fece di nuovo con tranquillità.

Smith appoggiò gli avambracci sulle gambe, togliendosi gli occhiali da sole, senza una parola. Ci aveva pensato a lungo, senza riuscire a togliersi dalla mente l’immagine di quella donna. Era un’idea fissa, non riusciva più a pensare nemmeno all’odiato Neo.

Si era sentito mille volte sciocco... infondo non sapeva nemmeno chi o che cosa realmente fosse, eppure la sua costante presenza avvolgeva tutto il suo essere.

Lucy socchiuse le palpebre. La stava fissando intensamente, quegli occhi grigi parevano arrivarle fin dentro l’anima.

Tolse anche lei gli occhiali neri, appoggiandoli sul tavolino, e si alzò. Era venuto lì per conoscere la verità e lei non poteva negargliela di nuovo. No, non di nuovo.

- E va bene.- disse con voce fredda - Per arrivare a ciò che vuoi sapere, bisogna partire dal principio.-

Gli tese la mano destra. Lui la fissò per qualche istante... nivea, perfetta mano. Poi la raggiunse in piedi, prendendola tra le sue. Fu un tocco così morbido ma così freddo che lo lasciò senza fiato. Sembrava che le vene che attraversavano quel corpo fossero vuote. Eppure egli stesso aveva visto e sentito il sangue caldo di Lucyfer addirittura dentro di sé...

Pareva tutto innaturale in quel luogo... le parole, i gesti, ed anche il modo in cui stava per apprendere la verità che tanto bramava di conoscere.

- Non so dirti se ti farà piacere,- sussurrò lei - ma così è giusto che sia.-

E come accadde a Trinity e Morpheus, la vista di Smith si oscurò, lasciando che nel buio si delineasse la realtà.

Vide con lentezza nella sua mente tracciarsi i contorni di sei cilindri di vetro colmi di un fluido ignoto che accoglievano al loro interno sei corpi nudi, dalle vie respiratorie collegate ad apparecchi tramite delle sonde grigiastre.

Scienziati tutti affaccendati con cartelle cliniche e complessi macchinari monitoravano le loro pulsioni vitali.

“Ho il piacere di presentarti la più grandiosa invenzione dell’uomo:” la voce di Lucyfer si fece largo come un sussurro nella sua mente “sei macchine umanoidi a base umana e intelligenza artificiale.”

La visione delle nuove creature divenne più nitida, e con estremo sbalordimento Smith poté scorgere all’interno dei contenitori trasparenti i volti dei compagni di Lucyfer, e poi di Lucyfer stessa.

Il suo essere si colmò di incredulità quando furono svelate anche le identità dei restanti tre umanoidi. Nel momento in cui i suoi occhi si specchiarono nella sua stessa figura inerme, addormentata come morta, ebbe un fremito.

“Sciocchi, avidi umani. Accecati dal desiderio di onnipotenza bramavano di poter dare la vita ad organismi artificiali.”

Smith udiva la voce di quella donna sibilare nelle sue orecchie, avvolgere il suo essere come tra le spire di un serpente e spostarsi con voluttuosi movimenti da un lato all’altro del suo viso.

“Ma noi siamo vivi...” continuò mentre le immagini scorrevano l’una dietro l’altra nella sua testa. Vedeva il mondo oscurarsi e le macchine prevalere sull’uomo. Poi una di queste, provvista di innumerevoli mostruosi tentacoli, scoprì il loro progetto lasciato incompiuto a causa della guerra.

Impossibile capire quali dati stesse elaborando nel suo cervello artificiale, solo ad un tratto le sue mille spine furono connesse a prese sconosciute, acquisendo così il controllo dei sei umanoidi.

“É stato così che le macchine hanno assunto la gestione di tre di noi, trasformandoci in unità di monitoraggio per il Matrix, battezzandoci Twofold Unities. Purtroppo, come sai, commisero qualche errore di fondo, lasciandoci troppa libertà. Perciò io, Moloch e Belial fummo rimossi dal programma principale ma mai del tutto scollegati, poiché fummo capaci di occultare le nostre tracce, sconnettendo i nostri impulsi neurali da Matrix. Così facendo purtroppo rimanemmo prigionieri di quel mondo artefatto; le macchine ci avrebbero sicuramente riprogrammati se ci fossimo lasciati prendere. Arrivati a quel punto potevamo solo cominciare una battaglia contro i nostri controllori.

É per questo che a Zion ci vennero attribuiti i nomi dei tre Arcangeli ottenebrati... perché fummo i primi a ribellarci contro le macchine, come Lucifero contro Dio.”

Agli occhi di Smith apparve di nuovo l’immagine di sé stesso prigioniero, mentre le macchine lavoravano ad un programma sconosciuto che riguardava lui e gli altri due futuri Agenti.

“Le macchine non avrebbero però commesso un nuovo errore, così in attesa di riprendere il controllo sulle TfU, attuarono una modifica nelle cellule cerebrali dei restanti tre umanoidi maschi, collegando la loro mente al Matrix e dando alla luce gli Agenti Smith, Jones e Brown.”

L’uomo spalancò gli occhi tutto d’un tratto.

Il battito del suo cuore aveva accelerato improvvisamente e il suo respiro si era fatto pesante.

Ora poteva comprendere gli interventi di Lucyfer in favore dei ribelli... voleva solo guadagnare uno scalino in più per vincere la battaglia contro le macchine. Poteva comprendere ogni misterioso discorso che lei gli aveva rivolto e la sua visione di pochi giorni prima... eppure non poteva, non riusciva a credere.

La sua ira contro l’uomo crebbe ancora di più, così come quella contro le macchine... viscidi stolti avidi ingordi.

Lui e tutta la sua esistenza erano stati scoperti essere una menzogna.

Si sentiva simile a quei ribelli che tanto odiava ed avvertiva dentro di sé uno sconfinato senso di ribrezzo.

Ciò che lo strappò al baratro in cui stava precipitando fu il tocco freddo delle dita di Lucyfer sul suo viso.

A quel contatto tutto l’odio del mondo la invase. Fu come essere riempita di tutto il sentimento che Smith stava provando... forse l’unico che era in grado di provare.

Solo in quell’istante l’Agente si accorse di avere ancora tra le mani la mano di quella donna, e di starla stringendo, così forte... quasi tremando.

Una sensazione di quiete lo travolse quando si specchiò di nuovo nei suoi occhi. Freddi e distanti gioielli blu quasi senza vita.

Il suo respiro tornò regolare, il suo cuore riacquisì un battito normale. Tutto sembrava di nuovo immerso nel ghiaccio, quando Lucyfer parlò per l’ultima volta.

- Adesso che sai la verità, puoi odiare anche me che te l’ho mostrata.-

 

>Protocol#33<