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LOCALITA' TOSCANE DELL'ALTO RENO


Fossato


Il paese si allunga su di un costone che si stacca dal poggio della Croce e domina la valle del Limentra, lungo la strada che scende dal Tabernacolo di Gavigno.
Se ne hanno notizie risalenti all'XI secolo, nel XII era comune rurale autonomo e poi sede di podesteria.

Sul dorso dell'Appennino, alla destra della Limentra, l'antico castello di Fossato fu al centro di lunghe controversie tra i bolognesi e i pistoiesi, finché il Comune di Pistoia ne entrò in possesso nel XIII secolo (fino al XIII secolo era sottoposto ai Signori di Stagno, uomini fedeli al Comune di Pistoia. La parrocchia di Fossato, di antica anche se incerta origine, rimase sotto la giurisdizione della diocesi di Bologna fino a quando papa Pio VI, con breve apostolico del 27 agosto 1784, la trasferì alla diocesi di Pistoia, ed il vescovo Ricci la sottopose all'arcipretura di Treppio.
Recentemente la S. Congregazione dei Vescovi, con decreto del 7 ottobre 1975, scorporò dalla diocesi pistoiese le parrocchie situate nell'ambito del Comune di Cantagallo, tra cui anche quella di Fossato, assegnandole alla diocesi di Prato. La parrocchia di Fossato è rientrata nella diocesi di Pistoia nell'anno 1990, per decreto del Vescovo di Pistoia in data 30 dicembre 1990

Il nome degli abitanti del paese sarebbe, secondo Laura Battistini di Lentula, "fossati". Si tratta di un dato importante dato che rappresenta un rarissimo caso di sopravvivenza del doppio valore del suffisso latino. Tuttavia l'informazione è incerta dato che non è chiaro se siano i lentulesi a chiamarli "fossati" o siano gli abitanti stessi di Fossato a chiamarsi "fossati".


ORSIGNA

La valle dell'Orsigna era già, fin dal secolo XII, territorio demaniale del Comune di Pistoia, e come tale appare nel primo Constitutum dei consoli databile al 1117 maiores consules faciant custodire silvam que vocatur vulgo Ursinia. Da questo antichissimo possesso demaniale, forse uno di quei "bona communalia" di origine romana od altomedioevale, derivò quasi sicuramente la figura dell'orso che affianca lo stemma comunale.
Alla fine del secolo XVII è già ricordato l'oratorio di S. Antonio da Padova all'Orsigna, dipendente dalla chiesa di Pracchia. Con decreto del 2 ottobre 1785 il vescovo Ricci elevò "l'oratorio di S. Antonio alle Volte all'Orsigna" a chiesa parrocchiale con il titolo di S. Atanasio, patriarca di Alessandria del IV secolo e dottore della Chiesa.
Alla nuova parrocchia fu assegnato un territorio scorporato da quello di Pracchia. Dopo il crollo dell'oratorio a causa di una frana, il vescovo Ricci fece costruire la nuova chiesa e la casa canonica da Bartolommeo Cini.

PRACCHIA

Nel secolo XVII il governo mediceo eresse in questa località, importante centro della Magona granducale, un oratorio dedicato a San Lorenzo, che nel 1687 fu elevato a chiesa parrocchiale nonostante le proteste degli abitanti dell'Orsigna. Alla fine dello stesso secolo la chiesa di S. Lorenzo a Pracchia, regolarmente registrata nel repertorio delle parrocchie della diocesi, era ancora sottoposta al "padronato del serenissimo Granduca".
Con decreto del 2 ottobre 1785 il vescovo Ricci scorporò una parte del suo territorio per assegnarlo alla nuova parrocchia di S. Atanasio all'Orsigna. Nello stesso periodo la chiesa di Pracchia fu elevata alla dignità di pieve. Vari interventi operati nel Settecento e nell'Ottocento hanno trasformato l'edificio nello stato attuale.

A Pracchia si trova la sorgente (e gli stabilimenti) dell'acqua "Silva".

Fonte principale: sito web Diocesi di Pistoia


SPEDALETTO

L'hospitalis in Prato Episcopi è compreso tra i numerosi spedali che Urbano II riconobbe come soggetti alla canonica di S. Zenone con privilegio del 10 gennaio 1090. Lo spedale era in territorio ecclesiasticamente sottoposto al vescovo di Bologna, ma la chiesa, dedicata a S. Antonino, era invece sotto la giurisdizione spirituale di Pistoia e come tale confermata dalle bolle papali del secolo XII e successive: cappella Prati Episcopi.
Il secondo santo titolare, S. Bartolomeo, poi conservato fino ai nostri giorni, compare già nel 1136. La chiesa era sotto la protezione del Comune di Pistoia, che aveva esteso il suo districtus oltre il crinale appenninico in questa zona bolognese e nel secolo XIV aveva fortificato il complesso ospedaliero: fortilitia hospihlis S. Bartholomevy Prati Episcopi sita in territurio comitatus Pistoriensis super strata Sambuce cum campanili.
L'ospizio, che era retto da monaci agostiniani, si trova negli elenchi delle decime della fine del secolo XIII; ma nel XIV secolo la sua sede fu spostata a Pistoia: hospitale Prati Episcopi de alpibus quod est situm Pistorii. Nel 1473 fu aggregato alla Pia Casa della Sapienza e nel 1777 fu soppresso da Pietro Leopoldo.
La chiesa ridotta ad oratorio dipendente da Piteccio, fu elevata a Parrocchia con decreto del vescovo Ricci del 16 agosto 1785, con un territorio scorporato da quello di Piteccio. Fu allora costruita la nuova chiesa, utilizzando i muri perimetrali dell'edificio medioevale, ma invertendone l'orientamento.


IL COMUNE DI SAMBUCA PISTOIESE

Il territorio del comune di Sambuca Pistoiese, nell'Appennino tosco-emiliano tra l'alta Valle del Reno e quella percorsa dal torrente Limentra, si estende per 77,54 kmq. Centro feudale, poi podesteria, con le riforme leopoldine divenne sede di comunità.

Il castello di Sambuca, insieme alla corte di Pavana, faceva parte fin dal X secolo dei domini del vescovado di Pistoia, come risulta da un diploma imperiale di Ottone III del 997, pur dipendendo dalla diocesi di Bologna. Posta a guardia di una valle sul più importante asse viario di collegamento tra Pistoia e la valle Padana (la via Francesca della Collina), la rocca, della quale restano oggi avanzi delle mura e di una torre, rappresentò a lungo un avamposto di notevole importanza strategica a difesa degli attacchi dei bolognesi, i quali nel 1204, approfittando della guerra tra fiorentini e pistoiesi, la occuparono. Tornata in possesso del vescovado, la Sambuca fu da questo ceduta in feudo ai conti di Panico (1223) e nel 1256 il vescovo Guidaloste Vergiolesi ne investì la propria famiglia. Nel 1309 fu venduta al comune di Pistoia da Lippo Vergiolesi, padre della Selvaggia celebrata da Cino da Pistoia, per 11.000 lire. Dopo essere caduta in mano di Filippo Tedici (1324) e quindi di Castruccio Castracani, fu conquistata a metà del XIV secolo dai Visconti di Milano (che da poco si erano insignoriti anche di Bologna) e che stabilirono un presidio fisso nella rocca di Pavana, fino ad allora possesso dei da Cantagallo. L'occupazione viscontea durò fino al 1360, quando i pistoiesi con un colpo di mano ne tornarono in possesso, consentendo alla diocesi di esercitarvi i propri antichi diritti. Dal 1375 vi risiedette comunque un contingente fiorentino e dello Stato fiorentino entrò a far parte definitivamente dopo l'annessione di Pistoia (seppure subendo ripetuti attacchi ed invasioni nei secoli seguenti) come centro dipendente dal capitanato della montagna pistoiese.

Nel passato il territorio di Sambuca, povero dal punto di vista agricolo, offriva scarse risorse: quasi assenti i seminativi, la ricchezza maggiore era rappresentata dalla silvicoltura, per le vaste estensioni di boschi di querce, lecci e castagni, e dall'allevamento del bestiame che trovava alimento nelle estese praterie. Ma la crescita percentuale, che si è avuta nel ventennio 1951-1971, del grado di industrialità della popolazione attiva non corrispondeva tanto a una sensibile crescita locale in questo settore, quanto al fenomeno del pendolarismo lavorativo e dell'esodo della popolazione rurale. Le attività artigianali prevalgono nelle lavorazioni del legno e nel campo delle confezioni; nel comune vi è inoltre una sorgente di acqua minerale. Alle risorse tradizionali, silvicoltura e allevamento del bestiame, si è aggiunto lo sviluppo turistico che ha reso il comune di Sambuca centro di villeggiatura estiva.

La popolazione totale del territorio comunale raggiunge, nel 1991, le 1.630 unità con una densità di 21 abitanti per kmq. Per quanto riguarda le età precedenti Sambuca era passata dai 1.379 abitanti del 1551 ai 2.688 del 1745, ai 4.889 del 1881, ai 4.301 del 1936; nel 1951 la popolazione era composta da 4.668 unità, che nel 1961 scendono a 3.247, nel 1971 a 1.916 e infine nel 1981 a 1.749.

testo da:

http://www.radicedidue.com/Toscana/toscana.cgi?rdd1=04&rdd2=0819


IL TERRITORIO DELLA SAMBUCA PISTOIESE

Il territorio comunale è compreso tra le latitudini nord di 44° 00' 18" e 44° 08' 16" e tra le longitudini est di 10° 54' 57" e 11° 03' 07". I punti estremi del territorio comunale sono: a nord in località Lagoni, nella zona detta Di là dall'acqua; a est l'ansa del torrente Limentra orientale all'altezza delle case dette Il Mosca, poco a monte di Lentula; a sud il Ponte de' Rigoli, nella zona dell'Acquerino; a ovest Setteponti nella valle del Reno, a sud-ovest di Frassignoni.

L'alveo del fiume Reno in località Mazzone, al confine nord del territorio, è il punto topograficamente più basso, con quota assoluta di m 389; il monte La Croce, sulla dorsale tra i torrenti Limentra orientale e Limentrella, rappresenta con la quota di m 1318 il punto più alto di tutto il territorio comunale

La superficie complessiva del Comune è di 77,54 Kmq

per chi vuole saperne di più sulla Sambuca clicchi anche su:

http://www.comune.sambuca.pt.it/

testo tratto dal sito web del Comune della Sambuca Pistoiese


CAMPEDA

Piccola frazione del Comune di Sambuca Pistoiese, poco distante da Molino del Pallone, ed abitato prevalentemente nei mesi estivi. La frazione è composta dagli abitati di Campeda Vecchia e Campeda Nuova, collegati a Molino del Pallone da una stretta strada carrozzabile. A poca distanza da Molino del Pollone sorge un ultimo gruppo di case chiamato "Campeda - Molino del Pallone". Due mulattiere collegano Campeda rispettivamente con Posola e Pavana.


L'Acqua

L'abitato de L'Acqua, al confine fra le provincie di Prato e Pistoia (metà in Comune di Cantagallo, metà in Comune di Sambuca Pistoiese), è ubicato sul pescoso torrente Limentra.
Da L'Acqua, camminando fra boschi di faggi e castagni nella Riseva Naturale, si possono raggiungere il Pian della Rasa (Rifugio Pacini) e poi, attraverso il passo delle Pescine, Luicciana; più a sud, attraverso il passo del Treppio, Cantagallo
.

Tra l'abitato de l'Acqua e quello di Treppio sorge Lentula, in gran parte posta in Comune di Sambuca Pistoiese, ma che ospita nella parte pratese lo stabilimento di acqua minerale omonima.


LAGACCI

Non trova riscontro la notizia secondo la quale questa chiesa sarebbe da identificare con la ecclesia S. Michaelis de castro Stagno, che si trovava invece nella zona di Badi, nella valle della Limentra orientale. Dopo il passaggio di questa zona dall'arcidiocesi di Bologna alla diocesi di Pistoia (breve di Pio VI del 27 agosto 1784) e l'erezione in pieve della chiesa della Sambuca con decreto del 9 luglio 1785, il vescovo Scipione de' Ricci, con successivo decreto del 2 ottobre 1785, elevò l'oratorio esistente in luogo Lagacci a chiesa parrocchiale, con il titolo di S. Prudenzio.
Probabilmente il vescovo Ricci ritenne che l'unico San Prudenzio registrato nel Martirologio Romano, che era un poco conosciuto vescovo spagnolo di Tarragona del IV-V secolo, fosse invece l'omonimo vescovo di Troyes teologo e scrittore morto nell'861, ben noto come assertore della più rigida dottrina agostiniana. Alla nuova parrocchia fu assegnato un territorio scorporato da quello della chiesa di Frassignoni ed ulteriormente rettificato nel 1802.
La costruzione dell'edificio attuale risale al secolo XVIII: la casa canonica fu costruita su ordine del vescovo Ricci.

FRASSIGNONI

Proseguendo da Lagacci lungo la valle del Reno troviamo Frassignoni, l'ultima frazione di Sambuca Pistoiese prima di Pracchia. Essa è suddivisa in diverse borgate, fra cui Case Rospi o Case Andreani. Come tutte le altre località della Sambuca Pistoiese Frassignoni rimase sottoposta alla Diocesi di Bologna fino al 1784.

tra le fonti il sito web Diocesi di Pistoia


MONACHINO

In località Pian del Toro, nella valle della Limentra, esisteva un oratorio già dipendente dall'abbazia di Fontana Taona e poi di proprietà della famiglia Pazzi di Firenze. Questo edificio di culto, trovandosi sul confine delle due diocesi era stato oggetto di lite tra il vescovo Alamanni e l'arcivescovo di Bologna.
Per assicurare il servizio religioso agli abitanti della vallata, ed in particolare a quelli del Monachino, il vescovo Scipione de' Ricci provvide ad erigere in parrocchia questo oratorio dedicandolo a S. Stefano papa e martire (257-260) e sottoponendolo alla pieve di Treppio.
Nel 1838, a cura del pievano di Valdibure, fu costruita la nuova chiesa in località Monachino come testimoniato da un documento d'archivio di recente scoperto che viene a correggere l'anno 1803 riportato dall'Annuario Diocesano del 1943. Al posto dell'antico oratorio vi è oggi un tabernacolo con una lapide che lo ricorda.

TORRI

Una ressottis in loco Turri fu donata alla cattedrale pistoiese dalla vedova e dal figlio del conte Cadolo nell'agosto 982. La zona, già soggetta all'abbazia di Fontana Taona fu sempre compresa nella iudicaria prima e nel districtus pistoiese poi ma rimase sotto la giurisdizione ecclesiastica di Bologna. Nel 1300 la ecclesia S. Blaxii sive S. Marie de Turri dipendeva ancora dalla pieve di Succida, mentre il castello era proprietà del Comune di Pistoia.
Con breve apostolico di Pio VI del 27 agosto 1784 anche la chiesa di Torri fu trasferita alla diocesi di Pistoia e successivamente, per disposizione del vescovo Ricci, fu sottoposta alla pieve di Treppio. Nello stesso periodo furono eseguiti importanti lavori di sistemazione ed ampliamento della chiesa e della canonica.

fonte: sito web Diocesi di Pistoia


PAVANA

La villa de Pavano, riconosciuta la vescovo di Pistoia con il diploma di Ottone III del 25 febbraio 998, costituiva il centro di un vasto possesso, noto come feudo della Sambuca. La località di Pavana, pur essendo compresa nella iudicaria pistoiese, dipendeva ecclesiasticamente dal vescovo di Bologna e dalla pieve di S. Pietro di Succida, sotto la cui giurisdizione spirituale erano quasi tutte le vallate della Limentra.
L'ecclesia S. Frediani de Pavana si ritrova negli elenchi delle decime del secolo XIII, come dipendente dalla pieve di Succida in diocesi di Bologna; mentre nel XIV secolo la villa Pavana era compresa a pieno titolo nel districtus pistoiese. Con breve apostolico di Pio VI del 27 agosto 1784 la chiesa passò alla diocesi di Pistoia e nell'anno seguente fu sottoposta alla chiesa della Sambuca, elevata alla dignità di pieve con decreto del vescovo Ricci del 9 luglio 1785.
La chiesa, d'impianto settecentesco, ha subito importanti rifacimenti nel secolo successivo.


SAMBUCA

Il castello della Sambuca era al centro di un vasto possesso feudale che, sotto il nome di villa de Pavano, Ottone III aveva riconosciuto al vescovo di Pistoia con decreto del 25 febbraio 998. I diritti del vescovo pistoiese sul castello della Sambuca furono riconosciuti nel 1055 dagli homines di Pavana e Sambuca e nel 1086 da Sigifredo di Agichi, potente signore dell'alto Appennino.
Questa zona, pue essendo compresa nella iudicaria pistoiese, dipendeva ecclesiasticamente dal vescovo di Bologna e dalla pieve di S. Pietro di Succida (poco a sud di Porretta, sulla via di Granaglione) sotto la cui giurisdizione spirituale erano quasi tutte le vallate della Limentra.
Un placito tenuto nel 1104 alla presenza della contessa Matilde sancì definitivamente i diritti vescovili sul castello: da allora in poi questo riconoscimento fu ripetuto in tutti i privilegi papali emessi nel secolo XII a favore del vescovo di Pistoia, ma nel XIV secolo il castello passò al Comune di Pistoia.
La ecclesia S. Iacobi et S. Christofori de Sambuca è compresa negli elenchi delle decime del 1300, come dipendente dalla pieve di Succida. Solo nel secolo XVIII, con breve apostolico di Pio VI del 27 agosto 1781, la chiesa di Sambuca passò alla diocesi di Pistoia insieme ad altre sei parrocchie; poco dopo, con decreto del vescovo Ricci del 9 luglio 1785, fu eretta in pieve con giurisdizione ecclesiastica sopra le parrocchie di Pavana, Frassignoni e S. Pellegrino.
Dal territorio pievano furono in seguito scorporate le nuove parrocchie di Campeda e di Posola (istituita con decreto del 20 febbraio 1850); ma quando il beneficio di quest'ultima fu trasferito alla prioria suburbana del Belvedere, il territorio di Posola fu reintegrato in quello della pieve della Sambuca (1961). La chiesa, radicalmente modificata nel secolo XVIII, mostra ancora alcune tracce di strutture medioevali.

fonte: sito web Diocesi di Pistoia


SAN PELLEGRINO AL CASSERO

La località, posta alla confluenza dei Rio Stabiazoni con la Limentra, si trovava nel secolo XIII sul confine settentrionale del districtus pistoiese, al di là del quale era il territorio della Sambuca, feudo vescovile. Sulla Limentra fu costruito un ponte ed una struttura fortificata o "cassero" a difesa dello stesso ponte.
Nella località, che prese il nome da questo cassero, fu poi costruita una chiesa dedicata a S. Pellegrino per uso dei viandanti che percorrevano la via "Francesca" della Sambuca. La chiesa, come la maggior parte della vallata della Limentra, era soggetta alla diocesi di Bologna. Essa fu eretta in parrocchia dall'arcivescovo Boncompagni in occasione della visita pastorale del 2 giugno 1692 ma nel 1784 passò alla diocesi di Pistoia.
Nell'anno seguente la chiesa fu sottoposta alla pieve della Sambuca, istituita con decreto del Vescovo Ricci del 9 luglio 1785. L'attuale assetto dell'edificio è settecentesco.

Fonte: sito web Diocesi di Pistoia


TAVIANO

Il piccolo abitato (Posto tra Pavana e San Pellegrino) sede amministrativa del Comune, si stende in un'ansa del torrente Limentra di Sambuca, lungo il cui argine corre, sul medesimo tracciato dell'ottocentesca "Via Leopolda", la moderna strada statale 64 "Porrettana".

Tra Taviano e San Pellegrino troviamo l'abitato di Bellavalle (fino alla prima metà del XX secolo si chiamava "La Sega"). In questa frazione del Comune vive una comunità detta degli Elfi, accentrata nella zona di Casa Sarti (chiamata dagli stessi Elfi col nome di "Gran Burrone", come la dimora elfica del noto romanzo di J.R.R. Tolkien).

POSOLA

Antica stazione di posta adibita al riposo degli animali che venivano lasciati da chi valicava le valli appenniniche recandosi a Treppio o a Pracchia, Posola deve il proprio nome dalla sua funzione di posa o, secondo una tradizione locale, dalla lontana fuga di due uomini che giunti in cima alla montagna posarono il loro pesante fardello.

Da Posola, si può raggiungere Campeda suddivisa negli frazioni di Campeda vecchia e Campeda nuova

fonte principale: opuscolo "Sambuca Pistoiese" a cura dell'Azienda di Promozione Turistica "Abetone - Pistoia - Montagna Pistoiese"


LE LOCALITA' EMILIANE DELL'ALTO RENO


BARGI, STAGNO E COSTOZZA

Località del Comune di Camugnano poste in prossimità del Bacino di Suviana. Stagno fu nel medioevo abitata dalla potente famiglia detta "degli stagnesi" di orgine longobarda.

Di Bargi è da ricordare la Chiesa di fine '600 dedicata ai Santi Cristoforo e San Giacomo Maggiore. Di origine romanica sono invece le Chiese di San Tommaso a Costozza e di San Michele Arcangelo a Stagno.


CASTEL DI CASIO

Questa località dell’Appennino bolognese è posta sul fianco sinistro della valle del torrente Limentra di Treppio, nel tratto compreso tra il Lago di Suviana e la confluenza col Reno.
Si raggiunge da Bologna percorrendo la strada Porrettana fino a Riola di Vergato, poi oltrepassato il ponte sul Reno, si devia nella valle del Limentra.

Tra gli abitati ricordiamo: Casola, Suviana, Badi, Monte di Badi, Moscacchia, Poggiolino, Casio (con i resti della torre medioevale)

Questa località dell’Appennino bolognese è posto sul fianco sinistro della valle del torrente Limentra di Treppio, nel tratto compreso tra il Lago di Suviana e la confluenza col Reno.

Si raggiunge da Bologna percorrendo la strada Porrettana fino a Riola di Vergato, poi oltrepassato il ponte sul Reno, si devia nella valle del Limentra.
Anche questo centro è di origine medioevale, con ricche testimonianze.

E’ notevoleE’ notevole l’antica torre, altra circa trenta metri e spezzata a metà in verticale, sono pure da vedere la Chiesa di San Biagio, seicentesca; nella frazione di Casola, la Chiesa di S. Maria, di origine quattrocentesca; a Badi, pochi chilometri a sud di Castel di Casio, si trova una delle mete più note del turismo estivo in questa zona: fra boschi e sorgenti si apre il bacino artificiale di Suviana, realizzato nel 1932.

Il lago è circondato da un parco protetto di 18 ettari di conifere dove è possibile campeggiare, mentre nelle acque del bacino si pescano cavedani, trote e carpe.


GAGGIO MONTANO

Questa località dell’Appennino bolognese è posta sul versante sinistro della Valle del torrente Sillaro, si raggiunge da Bologna percorrendo la strada Porrettana fino a 3 km da Porretta T., giunti a Silla, si devia a destra in direzione Gaggio Montano, Lizzano in Belvedere, Vidiciatico e Sestola.

le attrattive artistico-culturali

A Gaggio Montano si trova la chiesa parrocchiale dei Santi Michele e Nazario.
Ricostruita tra gli anni 1892 e 1896, conserva parte dell'abside quadrata del XII secolo, un crocifisso ed un bassorilievo ligneo di epoca cinquecentesca e vari dipinti e sculture del Cinquecento, Seicento e Settecento.

E' interessante anche l'oratorio di San Giovanni Evangelista dove permangono resti della costruzione quattrocentesca ed affreschi del XVI secolo.

In località Affrico è di notevole interesse il borgo Palazzo d'Affrico con edifici del XIV secolo dei maestri comacini.
La Pieve di epoca seicentesca conserva un campanile eretto tra il 1701 e il 1721.

A Bombiana che ha dato i natali a Pier Paolo Molinelli, illustre anatomista bolognese, sono da vedere la chiesa parrocchiale di San Giacomo con i suoi dipinti del Seicento ed il campanile del 1849, la torre della Guanella, carcere e luogo di giustizia in tempi lontani, e la torre del Borgo.

Interessante il borgo antico di Rocca Pitigliana, dove si trova il nucleo fortificato con la torre addossata alla chiesa cinquecentesca.

Dell'antico borgo di Pietracolora, è pervenuta a noi la chiesa di Santa Lucia, al cui interno sono conservate una tela ("Madonna con il Bambino") attribuita alla scuola del Francia ed una "Via Crucis" in terracotta del Bartoletti.

Da segnalare la chiesa di S. Maria Villiana, del 1300, al cui interno sono conservate tele di scuola bolognese ('800).

Da notare infine, in Gaggio Montano, quello che si può definire l'emblema del paese, ovvero il Sasso di Rocca (foto sopra), macigno con faro in onore dei caduti di tutte le guerre.

fonte sito web Appennino Bolognese


GRANAGLIONE

Questa località dell’Appennino bolognese è situata a destra nell'alta valle del Reno, a sud del monte Granaglione (m. 1.221), si raggiunge da Bologna percorrendo la strada Porrettana, 2 km oltre Porretta Terme. Dalla Toscana si raggiunge da Pistoia percorrendo la strada Porrettana.

A Granaglione, nella Valle del Randaragna, sono conservate numerose tracce delle antiche maestranze comacine che operarono in Alto Reno (Nueter, III, 1976, p. 36): decorazioni su architravi o conci angolari, discendenti da tradizioni pagane, rose celtiche e spirali (già presenti nell'arte etrusca), attrezzi di lavoro, rombi augurali.

In località Pieve di Borgo Capanne si possono osservare alcuni resti dell'abside romanica della Chiesa del IX secolo (esterno dell'attuale Chiesa).

Il Comune di Granaglione si suddivide nelle borgate di Madongana, Lustrola, Biagioni, Ponte della Venturina, Varano,Lustrola, Ponte della Venturina, Molino del Pallone, Case Calistri, Case Forlai, Case Evangelisti, Borgo Capanne, Sambucedro, Boschi, etc.

Tra le fonti si è usato anche il sito web Appennino Bolognese


LIZZANO IN BELVEDERE

Questa località, si trova alle falde del monte Grande sul versante sinistro della valle del torrente Silla.
Si raggiunge da Bologna percorrendo la strada Porrettana fino a Silla, poi si devia per la SS. del Passo delle Radici che porta a Lizzano.

Tra i vari abitati ricordiamo:

La Cà

Cà Berna: così chiamata perché abitata da "Bernardini"

Pianaccio: piccolo borgo nella Valle del Silla

Rocca Corneta: borgo di antica origine con torre medioevale posta sulla vicina cresta montuosa

Gabba: con Chiesa romanica

Monteacuto delle Alpi: Antico e suggestivo borgo

Lizzano: capoluogo, con delubro bizantino

Vidiciatico: centro turistico estivo e invernale

tra le fonti: sito web Appennino Bolognese


PORRETTA TERME

Questa località dell’Appennino bolognese è posta nella Valle del Reno, sul lato sinistro del fiume. L'abitato si estende ai lati della strada Porrettana che collega Bologna a Pistoia.

Porretta Terme a metà strada tra Bologna e Firenze, sulla statale 64 "Porrettana", inoltrandosi per la bellissima strada che si arrampica sull'Appennino tosco emiliano, si giunge a Porretta.
A 400 metri sul livello del mare e circondata da suggestivi boschi di faggi, abeti, castagni e pini, Porretta Terme deve la sua fama alle straordinarie proprietà delle sue acque.
Si disegna lungo le vie del Rio Maggiore, verso il Reno, un borgo di case strette fra il monte e le acque, addossate le une alle altre, con strette viuzze selciate, una delle caratteristiche strade del centro storico e' via Falcone.

A tre chilometri da Porretta, nella vallata del Rio Maggiore, la frazione montana di Capugnano.
Castelluccio, invece, e' un piccolo e suggestivo centro a 800 metri di altitudine, sul sottile crinale che divide la valle del Rio Maggiore da quella del Silla e dominato alle spalle dai monti selvosi dell'Appennino porrettano, che culminano con il monte Tresca e, sul confine toscano, col monte Orsigna.

Da Castelluccio, una strada carrozzabile in falsopiano conduce ai borghi di Pennola e Pratonovello, ultimi insediamenti a ridosso dei pascoli e dei boschi del monte Tresca, e un'altra, che si trasforma poi in pista forestale, raggiunge il culmine del monte Piella e il comune di Granaglione, verso il rifugio di Monte Cavallo, al passo Tre Croci.

Fonte: sito web Appennino Bolognese