Quel vin brulé…

di Assunta Trapanese

 

 

“Non mi butto, la corda è lontana per agganciarmi, il pozzo è profondo, resto qua”

 “ ma che stai ancora appesa, muoviti a scendere che fa freddo quaggiù...”.

La sveglia suona alle otto in punto, in un caldissimo, ancora estivo, mattino italiano, sabato 30 ottobre. Un mese prima nella uggiosa e fredda Inghilterra, non avrei potuto immaginare di poter condividere la mia passione per la speleologia  con altri spericolati ed appassionati che come me si buttano a capofitto nelle grotte in cerca di emozioni, pronti a sperimentare nuove situazioni ed a brindare da buoni “montagnoli” alla trascorsa avventura con un salutare bicchiere di vino.

La giornata inizia bene: con il treno in ritardo come al solito, un sacco che pesa un accidenti, con pile, sacco a pelo, e maglioni pesanti. Il caro buon Dino Fiore aspetta a Salerno per caricare me ed Antonella Landi con una marea di bagagli e raggiungere l’ossatura del Gruppo Speleo Salernitano a Baronissi. Alla vista di tutto il bagaglio il lamentoso Enzo Sessa come al solito dice che ci lascerà a piedi e che non entreremo mai in cinque in auto. Chi è il quinto speleo? Ma il nostro accorto e preciso magazziniere Davide Napoli.

A mezzogiorno finalmente inizia la nuova avventura. Non potrei definirla diversamente visto che non ho la minima idea di come possa essere questo incontro: cosa devo aspettarmi, cosa farei. L’unica certezza è il pallino della speleologia, in testa. Una novità in assoluto per noi “aiutanti istruttori” è di essere accompagnati stavolta da un gruppo di nuovi discepoli della materia, allievi del XIV Corso di Speleologia, i quali arditamente hanno voluto assaporare e tastare la speleologia da un altro lato. I coraggiosi e nuovi adepti sono Giovanna, Fabio, Gianluca, ed un già “svezzato”  Giuseppe.

A proposito non ho ancora detto il perché di tutto questo movimento: il raduno internazionale di Speleologia. Quest’anno si è tenuto a Genga, presso le Grotte di Frasassi, in provincia di Ancona.

foto di Vincenzo Sessa

Raggiungiamo la metà quando ormai è sera, dopo numerose soste in autostrada, tra spuntini vari e toilette, con Dino immerso nel suo manuale di tedesco nella speranza di poter finalmente attaccare bottone con i “Deutschen” al raduno, Davide presente solo a metà tra un sonnellino e l’altro, il povero Enzo solo con la strada davanti, barcollando tra un’uscita sbagliata e l’altra (Settebagni e Fabriano Ovest (dove si fa carta? ...e così via). A Genga, contenti finalmente di poter sentire una musica diversa, dopo che Antonella ci ha tenuto compagnia con le sue canzoni in auto, respiriamo un’aria da scenario di montagna: tende dappertutto sui prati, gente in t-shirt con loghi “speleologici”, e pile colorati: “Guarda, come il nostro pile rosso del gruppo” qualcuno sottolinea in auto!

La nostra prima operazione è quella di sistemare le tende: caspita però questi nuovi, si sono portati una tenda che è un salotto con tanto di doppia veranda, ma montata, si scoprirà la seconda notte, su dei massi (Giuseppe ci ha confessato di aver trascorso notti davvero...toccanti). A me tocca dormire con Enzo, dato che Dino non si è accorto che al campo di aver portato una seconda tenda adatta solo per andare al mare, ed avendo accoppiato i due “russi” (Davide e Dino) insieme.

Seconda operazione è registrarsi presso la segreteria del raduno, e cominciare già ad entrare nello spirito dell’incontro. Purtroppo tutte le escursioni sono state prenotate da settimane e come ad un check-in si è in lista di attesa. Quindi non ci rimane che approcciare la speleologia da un altro lato: stand, mostre, e grotte turistiche.

Alle 9 di sera, dopo aver trascorso buona parte della giornata a viaggiare e ad organizzarci, la fame comincia a farsi sentire. Una tappa allo “Speleo Bar” sembra d’obbligo, secondo Antonella, per cui ci rechiamo in questo padiglione enorme dove in effetti una quantità di gente, è intenta a mangiare e a ballare, e stand di prelibatezze fanno da contorno a queste  lunghe tavolate. Da Enzo mi faccio accompagnare in un tour culinario alla ricerca di nuovi sapori, echi di terre lontane. Incontriamo gli amici Catanesi di Enzo, che ci offrono un vino bianco: sarà stato l’attimo di improvvisa ebbrezza (confesso il vino mi dà subito alla testa) ho scorto i miei dolci preferiti: i cannoli siciliani, ma quelli autentici! Di certo non mi faccio scappare l’occasione di assaggiarne uno.

La serata si movimenta di una serie di esibizioni femminili sui tavoli, a cui segue un coro davvero “accorato” di uomini. Ma perché si spogliano sempre le donne? Anche noi del sesso femminile avremmo desiderato ammirare uno speleologo in carne ed ossa. Immagino che nessuno si sia proposto perché tanto una donna fa sempre colpo, un uomo se non è ben messo...

Il momento che davvero ho apprezzato è stata la consueta (mi dicono) performance dei triestini e del loro vin brulé (che qui è per tutti il Gran Pample (suggerimento di Dino Fiore!)): una miscela bollente di vini alla frutta, e poiché la serata si è ammantata di nuvole e pioggia, questa strana mistura ci ha riscaldati. Amichevoli brindisi si sono levati da tutti gli angoli del piazzale dove veniva servito il vin brulé, tra un odore inebriante di mele e l’occhiolino di un tedesco (peccato che Dino fosse lontano da me, sarebbe stata la sua occasione di attaccare parola).

 La prima notte in tenda è piuttosto movimentata: sembra che nessuno abbia sonno. Prima Enzo comincia a discorrere (in verità non ricordo proprio di cosa si lamentasse stavolta!), poi la parola passa alla tenda vicina dove Antonella e Gianluca discorrono del più e del meno (qualcuno le chiamerebbe “effusioni”, ma chissà...). Per mia fortuna l’orchestra dei “russatori” comincia quando già mi sono appisolata.

La seconda giornata trascorre tranquilla e piacevolmente “calda”: una colazione con dei tarallucci e il caffè preparato da un napoletano d’eccezione, Umberto: non bevevo un caffè così buono ... Il nostro gruppo si divide tra chi visita le grotte di Frasassi e chi fa un giro tra gli stand.

La mia prima gaffe si svolge allo stand degli svizzeri, che avvicino inconsapevolmente per conoscere la situazione grotte in Francia, tanto per sfoggiare il mio francese, e mi si dice che loro sono svizzeri: davanti alla porta infatti c’è un cartello con scritto “Suisse”, e quindi capisco che l’effetto vin brulé è ancora nei paraggi e che è meglio girare al largo dal paese alpino. Ovunque tra gli stand gruppi speleologici francesi, italiani e tedeschi principalmente espongono materia cartacea sui temi più vari: grotte esplorate, geologia delle grotte, tecniche speleologiche, etc. tanto per citarne alcune. Io interessata al Messico per una mia piccola (passata recentemente, purtroppo!) avventura, mi dirigo contenta verso il banchetto di un gruppo di esplorazione chiamato La Venta che organizza indagini proprio in Messico e riesco a strappare il contatto del Presidente, con la speranza di poter un giorno partecipare a queste spedizioni speleo-archeologiche.

Dopo una veloce pasta al sugo ed un prosciutto locale, contenti e baldanzosi (nonostante ad un pisolino pomeridiano non si sarebbe rinunciato), io, Enzo, Davide e Dino seguiamo la conferenza sul catasto delle cavità naturali della Campania, svolto dai sei gruppi di speleologia. Ho provato una insolita emozione, perché ho pensato al mio inizio, circa due anni fa, nella speleologia, poi lo Scalandrone, qualche esplorazione ad Avellino (da dove sono riuscita ad uscire intatta e pulita, nonostante le prediche di Giovani Galdieri!) e sette mesi dopo sono stata catapultata in questo progetto. Il convegno è stato tenuto dal nostro giovanissimo presidente Natalino Russo e dal progettista Umberto Del Vecchio.

Ma le mie paure ed emozioni non sono terminate qui, in questa giornata: un giro allo stand del Soccorso Alpino e Speleologico, ha provveduto ad animarmi. Un filmato sul recupero di un ferito in forra ha riacceso la mia fervida passione di crocerossina: chissà se anch’io un giorno riuscirò a dare un contributo; ma Davide ed Enzo ormai diventati dei tecnici di alto livello sono già incollati allo schermo, magari ricordando chissà un salvataggio a cui hanno preso parte.

La notte si anima, ed essendo la sera di Hallowen, la festa incalza come non mai. Dopo il nostro solito spuntino (mi perdonino i nostri due giovani speleo, che non ho subito menzionato, Nicola ed Alfonsina che ci hanno raggiunto la notte precedente, con un regalino di cui gioiremo domani!) e qualche assaggio vario, la notte si accende a suon di musica e di drink. Sai quando sei di fronte a qualcosa che non conosci, sei curioso ma impaurito nello stesso tempo, un qualcosa che ti dà una emozione immensa come quando dai il primo bacio alla persona che desideri da tempo, e che lascia un sapore che non potresti mai spiegare: uno zuccherino immerso in liquore di Cent’erbe! Indescrivibile! Dopo avermi usata come cavia a scrutare l’effetto liquore, a rotazione tutti hanno provato questa ebbrezza.

Inutile descrivere quanto abbiamo ballato e giocato!

Passata la mezzanotte, proprio quando, nella tanto attesa notte di Hallowen, ci si aspetterebbe di vedere dei fantasmi, ecco apparire qualcosa di più rassicurante (lo dite voi!): Giovanni Galdieri (accompagnato da signora e dalla piccola Norma), mollandomi subito la sua borsa, mentre dà strette di mano e baci a destra e a manca, ormai un veterano degli incontri della speleologia.

La mattinata seguente, umida ed ancora calda per il periodo di Novembre, si decide per una visita alla ormai divenuta famosa grotta di Frasassi. Una visita  ad essa è d’obbligo, per ammirare una infinità di colonne e stalagmiti, come montagne di gelato, dai colori varianti dal giallo crema all’arancio chiaro. Il percorso si snoda tra una serie di ampie sale e piccole gallerie, con passerelle su pozzi profondi poche decine di metri, che lasciano intravedere tra le fessure un’acqua azzurrissima, sul fondo. Uno sguardo alla sala delle candeline e a quelle che nel gergo vengono definite spiagge, ammiriamo la forma rocciosa ad orso. Questa grotta somiglia a quella du Roc nei Midi-Pyrenées nel sud francese, che merita altrettanto una visita.

Ritorniamo velocemente alle tende, organizziamo le auto e pronti per la partenza. Si potrebbe pensare che questo weekend di avventura sia finito,ma così non è: un’altra sta per cominciare. Nicola ci molla la sua auto, e si decide una sosta a Spoleto: meravigliosa come una delle tante città umbre, tra il sapore dell’antico e del gotico-romanico ed un continuo serpeggiare di stradine tra palazzi ed ampie piazze, dove si respira ancora un’aria di tempi medievali.

Il viaggio riprende fino a Baronissi, scandito da un percorso a singhiozzo intorno a Roma a causa del traffico. Il silenzio in auto è rotto da Davide che a quasi ogni frenata batte la testa sul finestrino posteriore; Dino ogni tanto riprende conoscenza e chiede cosa è successo e dove siamo, mentre come solito Enzo tiene ben saldo il volante ed io lo tengo sveglio mollandogli ogni tanto uno schiaffo per non farlo addormentare.

Tutto questo sembra un sogno, ora che scrivo qui al mio computer. Non penso di poter dimenticare questo mio primo raduno di speleologia: non immagino come potrà essere l’anno prossimo a Bergamo. Per ora torno a sognare di tremare sospesa su una corda su un interminabile pozzo.

 

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