La Grotta del Vallone del Puzzillo a Serino

 

di Assunta Trapanese e Aristide Fiore

 

 

 

La Grotta del Vallone del Puzzillo è ubicata a sud di Serino (AV), a 770 m s.l.m., sulla sinistra orografica di una delle incisioni secondarie che affiancano la Valle del Puzzillo in prossimità del suo sbocco nella Valle del Sabato (2°26’4’’; 40°48’26’’).

I rilievi, tipicamente collinari, culminano ad ovest con la dorsale M. Faggeto (1301 m)-M. Garofano (1496 m)-Tuppo dell’Uovo (1525 m)-M. Mai (1607 m), assumendo una morfologia più aspra verso quest’ultimo. Le pendenze, che raggiungono gli 80° al di sotto della linea di cresta, sono pressoché dimezzate nei pressi della grotta. Più in basso il versante montuoso degrada verso est, fino a formare un leggero pendio, in corrispondenza dei  Piani di Serino, che sono costituiti da detriti derivati dall’erosione dei costoni calcarei.

Dal punto di vista idrologico, l’area è caratterizzata da un ruscellamento di grado medio, in quanto il regime delle acque superficiali è limitato da un carsismo piuttosto intenso, tipico di queste zone. Si riscontra anche un controllo strutturale dei corsi d’acqua, che percorrono vie preferenziali di debolezza, come faglie o settori fortemente fratturati, e hanno un andamento grosso modo perpendicolare alla valle del Sabato. Le faglie non sono sempre visibili, ma se ne può dedurre l’esistenza attraverso un accurato studio della morfologia.

Tuttavia nelle vicinanze della grotta tali osservazioni sono ostacolate dalla presenza di una conoide formata da clasti cartonatici spigolosi cementati parzialmente da carbonato. La morfologia è resa più dolce ed uniforme da una coltre di materiali piroclastici (derivati dalle eruzioni del Vesuvio), spessa circa un metro.

Nella carta geologica allegata sono rappresentate diverse formazioni rocciose (ossia una successione di differenti tipi di roccia nella composizione e/o nel contenuto fossilifero), contraddistinte da diversi colori. Ogni colore indica un periodo particolare della storia geologica della Terra. A diverse tonalità di uno stesso colore corrispondono altrettante suddivisioni di uno stesso periodo.

Le rocce affioranti più antiche sono calcari debolmente dolomitici (ossia il contenuto in Magnesio è maggiore che nei calcari puri), sono di colore chiaro e hanno l’aspetto di un detrito “cementato”. Si possono far risalire al Giurassico, contrassegnato con la sigla L-T6. Il contenuto fossilifero è caratterizzato da un’alga detta Paleodasycladus mediterraneus (principalmente nell’area di Monte Mai) ed una serie di gusci di molluschi e piccoli organismi pelagici detti Foraminiferi, visibili a volte con una lente. Seguono, appoggiati verso l’alto in un rapporto di continuità nell’area del M. Mai e secondo un contatto per faglia, i calcari oolitici (ossia nuclei calcitici accresciuti da lamine calcaree, per rotolamento in un ambiente di flusso e riflusso) e calcilutiti (ossia calcari a granulometria molto sottile) e rappresentano uno strato caratteristico del periodo Giurassico superiore (G s-m). Questo secondo strato contiene un’alga chiamata Cladocoropsis mirabilis. Il successivo periodo del Cretaceo inizia con rocce conglomeratiche o semplicemente con detriti (C 5-1) caratterizzati da fossili quali i Dicerati (a forma di cono) o gasteropodi, ed altre forme visibili solo al microscopio, come le Orbitoline. Queste rocce sono disposte in contatto tettonico, ossia per faglia, rispetto alle confinanti rocce del Giurassico (in blu). Infine cretacei sono anche i successivi calcari e le dolomie di colore grigio

 (C 5s). Nel lembo superiore destro affiorano dei terreni del periodo più recente, il Quaternario, formato da brecce (dt) poco cementate, bordanti la base dei pendii e poggianti sulle rocce cretacee. In grotta è stata misurata la giacitura di alcuni strati calcarei del Cretaceo (C 5-1): direzione 330°N, immersione W ed inclinazione 60°.

                

 

La paretina immediatamente al di sopra dell’ingresso è costituita da breccia calcarea che è rivestita sporadicamente da concrezioni mammellonari di calcite. Sulla destra, soprattutto in una piccola cavità adiacente, sono presenti anche alcuni strati di travertino.

Nella sala iniziale la pendenza del terreno è piuttosto lieve, ma il dislivello complessivo è determinato, in corrispondenza dell’ingresso e verso il fondo di questo primo ambiente, da due modesti salti che ripartiscono l’intera cavità su tre livelli. Probabilmente questo tratto è stato interessato da massicci distacchi di strati che si sono posati sul pavimento originario. In alcuni punti la volta presenta porzioni residue delle masse crollate.

Poco lontano dall’ingresso, sulla destra, si accede a una saletta con andamento ascendente. La pendenza è accentuata a causa di un conoide detritico, che la occupa quasi interamente.

Dal punto più profondo della sala principale, attraverso una strettoia, si raggiunge una galleria concrezionata che termina bruscamente, dopo pochi metri. Il livello del pavimento è stabilizzato, nel tratto finale, da abbondanti riempimenti. 

La grotta ci è stata segnalata dal Dott. Vincenzo D’Alessio del Gruppo Archeologico di Solofra. Il ritrovamento, negli anni Ottanta, di un’industria preistorica nell’area di Tornola, ha suggerito l’ipotesi della presenza di un insediamento preistorico all’interno della cavità. I manufatti litici sono stati rinvenuti nel Vallone della Creta, un solco vallivo poco marcato, posto al centro fra quello del Puzzillo e quello denominato Torchia. I manufatti si trovavano in una successione di terreni composti da brecce cementate del Cretaceo su cui poggiano le brecce calcaree e poi i terreni piroclastici, principalmente ceneri e sabbie fini con pomici, ed infine il suolo eluviale attuale, su cui si erge un castagneto. La stessa sezione stratigrafica è osservabile pochi metri più in alto della grotta ( 2°26’34’’; 40°48’24’’). I ritrovamenti sono avvenuti soprattutto in corrispondenza del contatto fra i terreni piroclastici e la breccia. Si tratta di materiali in selce o diaspro: schegge, lame e pezzi carenati. L’area interessata è davvero esigua. Si estende per una ventina di metri quadrati. Secondo gli studi condotti dal Dipartimento di Archeologia e Storia dell’Arte dell’Università di Siena, coordinati dalla Dott.ssa Annamaria Ronchitelli, questa industria si colloca nel Paleolitico superiore, e precisamente nella fase uluzziana, ossia circa 31200 (+/-650) anni fa. Fra i risultati dello scavo si segnala il curioso ritrovamento di alcuni semi di vitis vinifera.

Le ricerche speleologiche condotte nella grotta hanno avuto, finora, esito negativo riguardo alla presenza di eventuali tracce di frequentazione umana. L’esplorazione deve considerarsi incompleta. Probabilmente la galleria terminale è collegata a un altro ambiente sottostante. Nel punto più profondo le concrezioni proseguono al di sotto di uno spesso riempimento di materiale terroso-limoso, ricoperto di foglie, che potrebbe aver ostruito un eventuale passaggio, attualmente percorribile solo dall’acqua. La disposizione di residui dello stesso materiale lungo le pareti marca i vari livelli raggiunti dalle piene. Si ipotizza che la galleria terminale e la parte più profonda della sala d’ingresso vengano periodicamente allagate da acque provenienti dal basso, in periodi di ricarica dell’acquifero carbonatico. La posizione dell’ingresso, piuttosto elevata rispetto al fondo del vallone, e il regime idrologico all’interno, solitamente limitato al solo stillicidio, lasciano supporre che le piene abbiano un’origine endogena, ovverosia che esse dipendano dal riempimento del serbatoio carbonatico nei periodi di ricarica, nei mesi invernali e all’inizio della primavera, con lo scioglimento della neve. Durante il periodo di esaurimento, i depositi si concentrerebbero in corrispondenza dello stretto passaggio attraversato dall’acqua, otturandolo. Si segnala anche un debole scorrimento periodico al di sopra del collegamento sala-galleria. Tuttavia, si tratta di un apporto marginale: il velo d’acqua, in genere, non è neppure sufficiente a rimuovere le foglie e gli altri materiali che aderiscono alla parete, ed anzi favorisce l’accrescimento di un’abbondante colata di calcite.

L’ispezione del fondo della grotta ha rivelato la presenza di un marcato dislivello nel vero pavimento della cavità, ma per tentare di proseguire si renderebbero necessari dei lavori di disostruzione. Tuttavia si teme che il riflusso dell’acqua tenda a riformare il deposito in tempi relativamente brevi.

 

 

 

 

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